Cento, duecento e anche trecentocinquantamila euro all’anno. Queste le cifre (lorde) che incassano i manager pubblici che lavorano in Veneto. E non c’è solo il direttore di Acque Veronesi che di recente ha avuto un aumento di stipendio arrivando a 242 mila euro all’anno. I funzionari pubblici veneti – pagati molto di più che nel privato dove in media si prendono 109 mila euro all’anno – sono centinaia, quasi un migliaio a tutti i livelli.
Si tratta di una vera e propria galassia composta da alti funzionari, presidenti di partecipate, consiglieri di amministrazione di società comunali o provinciali e dirigenti municipali, provinciali o regionali. Cumulano cariche su cariche, ottengono anche consulenze dalle società per cui lavorano e alle volte non hanno nemmeno i titoli di studio adeguati per avere l’incarico. Perché i manager pubblici vivono di nomine politiche. E spesso sono ex politici che proprio la politica ha protetto, coccolato, strapagato indipendentemente dalla loro preparazione. Non mancano comunque i professionisti qualificati. Tra le nomine politiche troviamo infatti docenti universitari come Igino Andrighetto che dirige l’Istituto zooprofilattico delle Venezie per 154 mila euro all’anno o l’ingegnere Silvano Vernizzi che guida Veneto Strade per 150 mila (a cui per anni ha sommato altrettanto per altri incarichi pubblici). Lo stesso si può dire per l’Istituto oncologico veneto (Iov) che vede al vertice il dottor Pier Carlo Muzzio (125 mila euro), per Veneto lavoro e per l’Arpav che sono guidati da due laureati, Sergio Rosato e Carlo Emanuele Pepe (entrambi percepiscono 125 mila euro).
I titoli di studio
I titoli di studio tuttavia non sono così importanti nel mondo della politica. Mentre, come ovvio, i dirigenti delle Usl sono tutti laureati (in medicina), per altre partecipate pubbliche non si può dire lo stesso. Senza nulla togliere agli autodidatti, uno dei dirigenti più pagati del Veneto è il ragionier Fabrizio Stella, che alla testa dell’Avepa prende circa 200 mila euro all’anno per risolvere l’annosa questione delle multe delle quote latte. Sempre per restare in ambito rurale, l’amministratore delegato di Veneto Agricoltura Paolo Pizzolato (anche lui ragioniere) invece incassa poco meno della metà, cioé 100 mila euro. Non ci sarebbe bisogno di sottolineare la questione dei titoli di studio, quelli che migliaia di giovani si sono guadagnati per lavorare in un call center, se non fosse che molto spesso i manager pubblici hanno protetto i loro compensi trincerandosi dietro il refrain del «se avessi lavorato per il privato avrei preso di più». Nel privato infatti molti di loro non avrebbero potuto ricoprire alcun incarico per mancanza di requisiti, come spiega la stessa federazione dei manager (nel box qui di lato)
Incarichi multipli
Diversa invece è la questione di Gian Michele Gambato che una laurea in Scienze politiche ce l’ha, ma somma le indennità di presidenza degli industriali rodigini ai suoi ruoli di amministratore in 7 diversi consigli di amministrazione (tra cui Sistemi Territoriali per cui è pagato 90 mila euro) nonostante sia coinvolto in un processo per una presunta fattura di intermediazione da 1,6 milioni di euro pagata proprio da Palazzo Balbi per l’acquisto (per 70 milioni di euro) dell’ex palazzo delle ferrovie sul Canal Grande dove oggi ci sono una serie di uffici regionali. La presenza della stessa persona in più di un cda contemporaneamente comunque non è prerogativa del solo Gambato. Tanto per fare due esempi, entrambi nel Trevigiano, già roccaforte della Lega, si prenda il commercialista Nicola Cecconato che tra l’Istituto per lo sviluppo agroalimentare, Veneto infrastrutture, Veneto acque, Edigas, Asco, La Marca Spa e la carica di assessore a San Vendemiano totalizza 352 mila euro all’anno di soldi pubblici. Non da meno è il presidente di Ascopiave Fulvio Zugno. Il commercialista della Lega che ha sostituito l’azzurro Gildo Salton alla guida dell’azienda del gas della Marca l’anno scorso ha portato a casa 190 mila euro, tra il suo incarico di assessore a Treviso (ora non più), quello nel consorzio Energia Veneto, nell’Usl 8 e nella Camera di commercio della Marca. Di tutt’altra consistenza é invece il compenso di Giorgio Grosso: l’amministratore delegato di Veneto Sviluppo, cioè la società che gestisce la cassaforte della Regione e probabilmente la più importante partecipata del Veneto, porta a casa 33 mila euro all’anno (più un gettone di presenza da 230 euro a seduta), segno questo che non esiste sempre un nesso chiaro tra responsabilità e compensi. Grosso infatti prende un quinto dei dirigenti apicali di palazzo Balbi (167 mila euro) e un sesto del segretario generale Tiziano Baggio (190 mila euro), del dirigente dell’avvocatura Ezio Zanon (192 mila) e del segretario generale del consiglio Roberto Zanon (189 mila).
I vertici comunali
Uscendo dai canali regionali, le figure apicali più pagate sono quelle dei segretari e dei direttori generali dei Comuni. Il trevigiano Otello Paraluppi, il veronese Renato Piccoli e il padovano Mariano Nieddu prendono 150 mila euro, il vicentino Antonio Bortoli 165 mila euro e il veneziano Marco Agostini (che fino a qualche anno fa aveva un incarico anche dento al Casinò) 180 mila euro. I quasi duecento dirigenti dei municipi veneti invece viaggiano sui 100 mila euro. Per dare una misura di quanto i funzionari costino alle casse pubbliche si pensi che i segretari e i direttori dei municipi prendono anche tre volte le indennità del sindaco di un capoluogo (nel caso di Venezia Agostini prende 180 mila euro e il sindaco Giorgio Orsoni poco meno di 90 mila) e arrivano fino a quattro volte se si tratta di Comuni di medie dimensioni come Castelfranco o San Giovanni Lupatoto dove i sindaci prendono tra i 20 e i 30 mila euro e i direttori arrivano a100 mila.
Le partecipate
Tutte queste cifre però sono un nonnulla se paragonate ai compensi di qualche anno fa quando finì nella bufera il ragioniere Alfonsino Ercole che fu assunto nel 2007 ad Agsm per 320 mila euro all’anno.
Non stupisce dunque che il direttore di Acque Veronesi Francesco Berton, forte del suo titolo di perito e al centro di un caso in questi giorni, prenda 242 mila euro all’anno mentre Paolo Merci (Veronamercato) ne guadagni 136 mila, Stefano Zaninelli (Atv) 195 mila e Carlo Alberto Voi (Amt) 165 mila. Anche a Padova la mobilità rende bene: Umberto Rovini, direttore generale di Aps-Holding, incassa 247 mila euro all’anno, mentre i suoi vice sfiorano gli 80 mila. Di 250 mila euro è anche il compenso dell’ex sindaco diessino di Abano, Cesare Pillon che guadagna 200 mila euro come amministratore delegato di Acegas-Aps e altri 50 mila come consigliere di Hera, la multiutility emiliana che ha inglobato quella padovana. In questo caso si deve riflettere sul fatto che non è chiaro per quale motivo una società che è stata inglobata da un’altra abbia bisogno di continuare a pagare così tanto un amministratore delegato teoricamente scaricato dalle responsabilità che aveva prima dell’incorporazione.
L’arte e il gioco
A Venezia e Verona invece spiccano i compensi dei dirigenti della Fenice e dell’Arena. Cristiano Chiarot, sovrintendente della Fenice prende 167 mila euro (molto meno dei suoi omologhi negli altri teatri lirici) mentre il collega veronese Francesco Girondini viaggia tra i 200 e i 250 mila euro a seconda che raggiunga o meno l’obiettivo di produzione. Sempre in laguna salta agli occhi l’indennità da 250 mila euro dell’ad del Casinò Vittorio Ravà (54 mila euro di compenso a cui si aggiungono altri 200 mila euro in virtù di un contratto di consulenza con lo stesso casinò) e del presidente dell’Actv Marcello Panettoni che incassa come Ravà 54 mila euro e arrotonda con altri 100 mila in virtù dell’incarico di dirigente dell’auditing interno di Actv. Decisamente più in basso troviamo il presidente e amministratore delegato di Veritas Andrea Razzini (omologo di Berton) che prende circa 130 mila euro. Sempre di più di quanto prendano i sovrintendenti delle Belle Arti come Vincenzo Tiné (Veneto), Renata Codello (Venezia) e Saverio Urcioli (Verona) che viaggiano tutti sugli 80 mila euro.
Alessio Antonini – Corriere del Veneto – 20 febbraio 2014