La riserva. Fino al 31 dicembre 2015 dal 50% del posti in su assegnato ai «precari» che hanno maturato almeno tre anni di lavoro
Un doppio binario per stabilizzare i “precari” della Pa. Lo prevede il decreto legge approvato dal Governo la scorsa settimana per gestire la flessibilità nel pubblico impiego. L’obiettivo è far uscire dalla flessibilità quelle persone che hanno maturato nel pubblico impiego una determinata anzianità lavorativa. Al riguardo, il Governo ipotizza due strade. Fino al 31 dicembre 2015, tutti i concorsi che saranno banditi dalla pubblica amministrazione dovranno riservare almeno il 50% dei posti disponibili a lavoratori che hanno maturato, presso l’ente che assume, almeno tre anni di lavoro negli ultimi cinque, anche non consecutivi, sulla base di uno o più contratti di lavoro subordinato a tempo determinato.
Dopo questa data, la regola resterebbe in vita, ma con una platea di possibili beneficiari più ampia, in quanto vi rientrerebbero anche i lavoratori somministrati e i collaboratori a progetto.
La prima regola è già vigente, in quanto trova posto nel decreto legge del Governo, mentre la seconda è solo una proposta contenuta un disegno di legge in corso di presentazione.
Il significato di questo meccanismo è ambivalente: da un lato, il datore di lavoro pubblico, cosciente di aver abusato della flessibilità, in qualche modo prova a riparare il danno. Da un altro lato, però, il rimedio rischio di essere peggiore del male, in quanto il requisito dell’anzianità di servizio diventa prioritario rispetto al merito e alla competenza, con buona pace del principio costituzionale di efficienza della Pubblica amministrazione.
Il provvedimento prevede poi un rafforzamento, seppur timido, l’aggiunta dell’avverbio «esclusivamente», alla norma che già vietata di usare i contratti diversi dal lavoro subordinato a tempo indeterminato, a meno che non ci fossero esigenze di carattere temporaneo ed eccezionale. Il cambiamento è sostanzialmente irrilevante, nel senso che l’avverbio si inserisce in un divieto che era già sufficientemente chiaro ed esaustivo. Poco significative anche le norme del decreto che dovrebbero restringere lo spazio di utilizzo del contratto a termine. Viene ribadito un concetto ampiamente pacifico – il contratto a termine stipulato in violazione delle regole di utilizzo del lavoro flessibile nella Pa è nullo -, anche se da tale nullità non deriva la trasformazione del rapporto ma solo il diritto al risarcimento del danno. Anche la norma che stabilisce la responsabilità erariale del dirigente che firma contratti in violazione delle nuove regole e preclude il suo diritto alla retribuzione di risultato non fa altro che ripetere concetti già noti. L’unica vera innovazione di carattere restrittivo riguarda il contratto a termine acausale; viene precisato, infatti, che tale contratto non può essere usato dalla Pubblica amministrazione.
Il Sole 24 Ore – 2 settembre 2013