Lo sguardo fisso sull’obiettivo, come se la posa fosse voluta, pronto per quel ritratto che gli appassionati locali attendevano da tempo, dopo un secolo di assenza dalle vette vicentine. Ma non era certo in un «set» il lupo che qualche giorno fa è stato immortalato dalla macchina fotografica di un poliziotto provinciale di Vicenza, che con due colleghi e un agente del Corpo forestale stava percorrendo alcuni sentieri alla ricerca di tracce del predatore sulla neve.
Un’attività di routine inserita nel progetto europeo di studio sul ritorno del lupo nelle Alpi (Life Wolf Alps) che ha dato un esito inaspettato. Gli agenti non hanno trovato solo tracce, ma prendendo il binocolo hanno visto un esemplare fermo (forse incuriosito dalla vista degli umani) su un pascolo innevato ai confini tra il Vicentino e il Veronese, nelle vicinanze dei Comuni di Crespadoro e Altissimo, anche se gli addetti i lavori vorrebbero che la località esatta rimanesse segreta per paura di tentativi di avvicinamento.
Il tempo di un click e il recupero di alcuni elementi genetici (peli e urina) che serviranno per le conferme e i successivi studi. I campioni sono stati spediti ai laboratori dell’Istituto per la protezione e la ricerca animale (Ispra) di Bologna, che in un mese potrebbe già dare risposte sull’identità e sulla provenienza dell’animale. «Le nostre montagne sono habitat naturale per i lupi – spiega il comandante della polizia provinciale di Vicenza Claudio Meggiolaro – In passato sono stati perseguitati e sterminati per i danni che causavano agli animali da allevamento, ma non dobbiamo dimenticare che fanno parte della nostra storia».
Con buona probabilità il lupo della foto dovrebbe essere parte di uno dei nuclei che da qualche anno fa base nella Lessinia veronese, e si sarebbe spostato sul versante per trovare nuovo spazio. In gergo tecnico si chiama dispersione, l’allontanamento dal branco originario in cerca di nuovi territori. Lo conferma Giancarlo Ferron, il poliziotto provinciale che ha scattato la foto: «I lupi hanno bisogno di colonizzare nuovi territori, probabilmente la Lessinia è diventata stretta». I primi ad essere avvistati nel Veronese tre anni fa sono stati un esemplare proveniente dalle Alpi Dinariche e una femmina delle Alpi Occidentali, presto battezzati Slavc e Giulietta. Da questa coppia sono nati due cuccioli, e via via il nucleo è aumentato: nel 2014 le nascite sono state sette e altrettante quelle della scorsa estate. Seppur con molta cautela, in attesa delle risposte sulle analisi genetiche, Daniele Zovi, comandante veneto del Corpo Forestale dello Stato, afferma: «Potrebbe trattarsi di uno dei nati nel 2014, ma è molto difficile distinguere i lupi, anche per gli esperti, perché si assomigliano tutti. Probabilmente nel Vicentino ci sono anche altri esemplari, il ritorno del lupo è positivo per il riequilibrio naturale».
La zona scelta, infatti, è ottima per la caccia: tra camosci, caprioli, cervi e cinghiali il lupo non farà la fame e non avrà bisogno di avvicinarsi agli insediamenti umani. Esperti e uomini della Forestale che salutano la presenza del lupo con gioia e ottimismo, rassicurano. «E’ difficilissimo vederlo, perché si allontana dall’uomo – chiarisce Zovi – Il ritorno del lupo risale agli anni ’70, ce ne sono un centinaio sia in Emilia Romagna che in Piemonte, rimanendo in aree vicine al Veneto, e non hanno mai minacciato l’uomo». Eppure il timore non è mancato. Nel 2014 il sindaco di Verona Flavio Tosi aveva emesso un’ordinanza che permetteva l’abbattimento dei lupi in caso diventassero un pericolo per i centri abitati, un provvedimento finito al Tar che scatenò una vera e propria bufera. «La paura ha un sapore medievale, abbiamo l’intelligenza e le tecnologie necessarie per sapere come comportarci – riflette l’ecologa Patrizia Torricelli, già docente all’università Ca’ Foscari di Venezia – Piuttosto è bene fare educazione sul comportamento da tenere per ridurre al minimo l’incontro con un lupo». E se avvenisse? «Non è facile – continua l’esperta – comunque se l’animale è vicino bisogna stare fermi e in posizione ripiegata, senza guardarlo. Poi è bene retrocedere lentamente quando dà segnale di disinteresse, mostrandosi indifferenti».
Il Corriere del Veneto – 12 gennaio 2016