Marco Milioni, da Vvox. L’anno prossimo a Verona si vota per rinnovare il consiglio comunale e la carica di sindaco. La stella dell’ex leghista Flavio Tosi, che pur mantiene ancora posizioni in città, è calante. E se nello schieramento di centrosinistra il buio è pesto (anche per le lotte intestine nel Pd locale e regionale), le cose non vanno tanto meglio nel campo che dovrebbe apparire favorito, quello del centrodestra. In cui in prima linea scalpita la Lega Nord.
Da tempo nel Carroccio circola una rosa di nomi fra i quali spicca quella del leghista Luca Zanotto. Classe 1970, laureato in giurisprudenza nella città di Giulietta e Romeo, il presidente del consilio comunale è considerato il volto giovane e convincente che vorrebbe far dimenticare ai veronesi il tradimento di Tosi. A fianco di Zanotto c’è un’altro papabile che è ben visto nel partito: il segretario cittadino Paolo Tosato, che sta facendo pesare sul territorio anche il suo ruolo di senatore della Repubblica tant’è che da settimane la sua presenza sui media come alfiere della campagna contro le trivellazioni in Adriatico è divenuta quasi una costante.
In questo momento il partito di Salvini a Verona sta cercando di viaggiare su due binari facendo il verso alla vecchia Dc. Da una parte infatti c’è la necessità di troncare ogni liason col passato riferibile all’attuale primo cittadino. Al contempo, però, una parte dello schieramento di Tosi da tempo sta intessendo un intenso dialogo diplomatico, sottotraccia, col Carroccio. Una politica dei due forni basata sull’idea che senza un accordo tra alcuni settori di un centrodestra belligerante al suo interno, proprio il centrodestra potrebbe incorrere in un flop clamoroso.
Ed è in questo contesto che va considerata un’altra figura di peso. Si tratta dell’attuale assessore veneto alla sanità Luca Coletto. Che pur non avendo mai abbandonato il Carroccio è uomo cresciuto sotto l’ala protettiva di Tosi. E con una parte dei suoi colonnelli, almeno quelli meno arroccati, continua ad avere rapporti, se non di amicizia, quanto meno di garbato rispetto reciproco. Una circostanza che potrebbe aiutare non poco in fase di definizione della alleanza che si opporrà a centrosinistra e M5S (difficile al momento invece è azzardare la parabola che interesserà il gruppo dei fedelissimi di Tosi).
Ed in favore di uno sganciamento veronese di Coletto giocherebbe un altro aspetto. Quello psicologico. Coletto, carattere spigoloso e coriaceo, è così taciturno da essere enigmatico spesso anche per i suoi. A palazzo Ferro Fini ricopre un referato chiave, la sanità. Un ruolo che però spesso entra in conflitto con un altro pezzo da novanta dell’amministrazione regionale, Domenico Mantoan, che come segretario generale della sanità non solo è il dirigente di maggior rango nel settore col maggiore budget, ma è anche l’uomo che, con la benedizione del governatore leghista Luca Zaia, sta dettando i tempi della riforma sanitaria regionale, con un accentramento dei poteri decisionali in capo a palazzo Balbi. Quelle di Coletto e di Mantoan sono due personalità forti, dai caratteri difficili e senza mezze misure. E infatti non é un mistero che le frizioni tra i due non manchino e abbiano prodotto già querelle come quella sulla presunta lentezza dei lavori della commissione sanità presieduta da Fabrizio Boron, dato in buoni rapporti con Coletto.
Tornando a Verona, Zaia per ora si mantiene defilato. Ma potrebbe guardare con favore alla prospettiva di un Coletto che plana sul capoluogo scaligero per togliere un po’ di tensione tra le stanze e i corridoi della Regione. Una sorta di promoveatur ut amoveatur.
Vvox – 8 aprile 2016