Il futuro è già atterrato sulla Darsena di Milano come una navicella spaziale. Anche se quello strano oggetto è una serra galleggiante nata all’Università di Firenze che permette di coltivare senza utilizzare la terra. Solo l’energia del sole per dissalare l’acqua e con quella far crescere frutta e verdura. La risposta, concreta, a una delle domande principali di Expo: come dare da mangiare a una popolazione globale crescente senza esaurire le risorse naturali.
Ma le idee dell’Esposizione hanno preso anche la forma di una sorta di quadro di Mondrian lungo 70 metri e alto 12 che ti viene incontro sul Decumano. Basta avvicinarsi per capire che al posto della vernice ci sono grano, riso e mais e che quella “tela” è la proposta di Israele: un campo verticale irrigato goccia a goccia, un sistema usato anche nel deserto. Gli Stati Uniti, invece, la loro vertical farm l’hanno “arredata” con insalata e ortaggi: un modo per alimentare le città. Un altro pezzo di domani. Anche se gli Usa hanno davvero portato nel loro padiglione un po’ di spazio. Con la Nasa venuta a spiegare che gli sviluppi dell’agricoltura dipendono anche dai satelliti che leggono i terreni, gli oceani e l’aria, facendo previsioni.
Tra le code per visitare i padiglioni e i piatti degli chef, tra le architetture e le attrazioni, a Expo sono germogliate anche le idee. Centinaia di convegni, vertici internazionali di ministri e capi di Stato, incontri e presentazioni di start up. Una sfida sui contenuti che in qualche modo culminerà il 16 ottobre con la Giornata mondiale dell’Alimentazione. È allora che al segretario dell’Onu Ban Ki-moon verrà consegnata la Carta di Milano, il documento firmato già da un milione di persone e appena presentato al Palazzo di vetro di New York, che vuole rappresentare l’eredità immateriale dell’Esposizione, e il patto sul cibo urbano voluto dal Comune di Milano che verrà firmato da cento città del mondo. Ma adesso che manca un mese alla chiusura dei cancelli, ci sono già proposte concrete destinate a rimanere. Partendo dalle parole chiave, le più utilizzate (elaborate dal ministero dell’Agricoltura sulla base di WikiExpo, database creato per conservare ciò di cui si è discusso) all’interno del sito: agricoltura, sicurezza alimentare, sostenibilità, innovazione, biodiversità.
Un tema cardine è stato come sviluppare modelli agricoli in grado di garantire cibo sano per tutti. E molti Paesi lo hanno affrontato a partire dal sostegno ai piccoli produttori e dalla dimensione familiare. Ma Ex- po è stata anche una vetrina per raccontare il contadino del futuro. Agricoltura di precisione per fare di più con meno. Macchinari che dal campo trasferiscono le informazioni negli uffici o su uno smartphone, i droni e i satelliti che controllano le coltivazioni, sensori ottici e gps per rilevare il grado di umidità del terreno. Perché la tecnologia ha incrociato tutte le parole chiave. Solo il ministero dell’Agricoltura e Padiglione Italia hanno raccolto 450 start up che hanno proposto soluzioni innovative. Dalle serre 2.0 da salotto allo smarthpone che, attraverso l’analisi del Dna, lavora sulla sicurezza alimentare, fino all’app contro lo spreco di cibo: il quartiere viene avvertito degli sconti fatti dai negozianti a fine giornata. E se dal Qatar e dall’Oman sono arrivate le serre idroponiche del deserto, la Francia ha lanciato la sfida della sostenibilità con la lotta biologica per sostituire pesticidi e insetticidi, e la Svizzera ha ospitato un brevetto per generare acqua potabile dall’aria.
Claudia Sorlini è soddisfatta: «Non mi sarei aspettata così tanto interesse da parte della gente per gli incontri e per l’aspetto culturale».È lei, la presidente del comitato scientifico di Expo del Comune e delle università milanesi, a dire: «quello che mi ha colpito di più sono le ricerche sul trasferimento di geni di resistenza ai parassiti o alla siccità attraverso gli incroci tra piante selvatiche e piante coltivate. Possono rappresentare un indirizzo futuro importante per fare miglioramento genetico senza Ogm». Un esempio anche di come si possa salvare la biodiversità e rispondere a un altro problema: «È stato tra i più dibattuti: il cambiamento climatico». Ma la città di Expo ha mostrato anche come si possa lavorare sugli sprechi. Un sistema che in quattro mesi ha permesso di recuperare 25mila chili di cibo ridistribuiti a strutture che assistono 54mila persone. E proprio tra i padiglioni, il governo ha presentato un piano per arrivare a salvare in tutta Italia entro il 2016 un milione di tonnellate di alimenti.
Repubblica – 30 settembre 2015