Prima le uova alla diossina in alcuni allevamenti a terra nei pressi di impianti siderurgici in provincia di Brescia
Ora, dalle autorità europee arrivano i nuovi dati relativi ad un campionamento di carne di pollo eseguito in 561 macelli dei 26 stati dell’Unione, più quelli norvegesi e svizzeri. I campionamenti casuali sono stati eseguiti nel 2008 ed hanno comportato l’esame di ben 10.035 lotti.
Secondo l’EFSA, European Food Safety Authority, la presenza di più ceppi della Salmonella ha una correlazione positiva sia con il numero di animali abbattuti nei macelli che con i tempi di lavorazione nell’arco della giornata.
Le percentuali di contaminazione variano da paese a paese e, per ogni stato membro, da macello a macello. Percentuali particolarmente elevate di contaminazione sono stati riscontrati nei macelli ungheresi (85,7% dei lotti esaminati), bulgari (26,9%) e polacchi (25,5%). L’Italia, tutto sommato è nella media, sebbene non ci sia molto da stare tranquilli. La presenza di Salmonella, infatti, è stata riscontrata nel 16,8% dei lotti, ovvero 66 carcasse di pollo su 393 esaminate.
L’analisi dell’EFSA, molto articolata, prende in considerazione il diverso numero di macelli presenti nei diversi paesi, più i diversi fattori, oltre che più ceppi di Salmonella, che influenzano la presenza nella carne di pollo. Man mano che la percentuale di contaminazione diminuisce, ad esempio, si è riscontrata una maggiore incidenza delle tecniche di refrigerazione. L’EFSA ritiene, comunque, che tra le cause di diffusione della salmonella dell’uomo, debba considerarsi anche quella derivante dalla contaminazione della carne di pollo. Per tale motivo l’EFSA ha raccomandato alle autorità sanitarie dei paesi membri una maggiore attenzione al problema congiuntamente ad un approfondimento degli studi.
Purtroppo, nello studio dell’EFSA, non compare alcun riferimento alla correlazione tra le percentuali di contaminazione e l’uso di antibiotici negli allevamenti. Verosimilmente avrebbe questo riguardato un altro campo di indagine, specifico per gli allevamenti e non per i luoghi di macellazione e lavorazione della carne. Certo che percentuali così elevate debbono in qualche maniera far riflettere sull’efficacia degli antibiotici, decisamente utilizzati specie negli allevamenti intensivi. E’ noto infatti che anche tra le salmonelle sono diffusi i casi di antibioticoresistenza. L’indagine dell’EFSA ha altresì riguardato la presenza di un altro batterio appartenente al genere Campylobacter. (fonte GEAPRESS 22 febbraio 2011).