Sul sito della Regione sono stati finalmente pubblicati i dati finali delle elezioni regionali del 31 maggio 2015. Ci sono voluti quasi quattro giorni per completare lo spoglio delle ultime due sezioni controverse rimaste, quella di San Martino di Lupari e quella di Pellestrina. Ecco la pagina pubblicata giovedì 4 giugno dal Consiglio regionale. Intanto impazza il toto Giunta.
Al termine di giornate concitate, a causa di due sezioni che hanno rimandano la registrazione definitiva del dato elettorale, finalmente è possibile comunicare il risultato delle Elezioni Regionali 2015. Dal punto di vista dell’affluenza il Veneto, con il 57,2% (-9,2% rispetto alle regionali 2010; -6,7% rispetto alle europee 2010), è risultato essere la regione con la percentuale più alta di votanti. Luca Zaia con il 50,1% dei voti è risultato il candidato presidente più votato. Per quanto riguarda le altre liste, Alessandra Moretti candidata per il Centro Sinistra ha ottenuto il 22,7%, Flavio Tosi l’11,9%, il Movimento Cinque Stelle l’11,9%, Indipendenza Veneta il 2,5%, l’Altro Veneto lo 0,9%. Per quanto riguarda la composizione del nuovo Consiglio regionale, secondo l’attribuzione dei seggi data dal Ministero dell’Interno (tenuto conto degli effetti del voto disgiunto), alla coalizione vincitrice che ha raggiunto il 49,7%, andranno 28 seggi (13 lista Zaia, 10 Lega Nord, 3 Forza Italia, 1 Indipendenza Noi Veneto, 1 Fratelli d’Italia), a cui va ad aggiungersi quello di Luca Zaia; al Centro Sinistra, oltra a quello di Alessandra Moretti, sono stati attribuiti 11 seggi (8 PD, 2 Lista Moretti Presidente, 1 Veneto Civico), mentre alla coalizione che ha sostenuto Flavio Tosi sono andati 5 seggi (3 alla Lista Tosi, 1 a NCD-Area Popolare, 1 il Veneto del Fare); così come al Movimento 5 Stelle. Complessivamente quindi saranno 12 i gruppi che comporranno il nuovo Consiglio, che vedrà anche una maggiore presenza di quote rosa: 12 infatti sono le donne che dovrebbero entrare in assemblea.
Rebus rosa per la giunta Zaia. Mentre proseguono a spron battuto le trattative nei partiti per individuare i dieci componenti della squadra del governatore, non senza mugugni da parte degli esclusi, prendono corpo dubbi e preoccupazioni sul numero delle donne che il governatore dovrà portare con sé a Palazzo Balbi, in ossequio alle norme sulla parità di genere. Una questione tutt’altro che secondaria, visto che in caso di errore si rischia l’azzeramento dell’esecutivo (oltre alla figuraccia), da cui dipende a cascata la scelta di tutti gli altri assessori, come se già non bastassero i delicati equilibrismi tra gli alleati e le province di provenienza.
Il nuovo statuto della Regione, sul punto, è piuttosto vago: «Nella composizione della giunta – si legge all’articolo 53 – è garantita la presenza di rappresentanti di entrambi i generi». Punto. Non si dice quanti e questo, secondo alcuni, consentirebbe di nominare anche un solo assessore «in rosa» e chi si è visto, si è visto. Ma non è così facile. Sia il Consiglio di Stato che la Corte costituzionale, infatti, sono intervenuti negli ultimi anni sulla questione, accogliendo ricorsi che denunciavano non solo la totale assenza di donne, ma anche la loro presenza in numero eccessivamente ridotto rispetto al totale dei componenti. La sentenza 3670 del 2012 del Consiglio di Stato, ad esempio, che ha dichiarato illegittima la giunta Formigoni, avverte: «Nella composizione delle giunte deve esserci uguaglianza , o sostanziale approssimazione ad essa, di uomini e donne nelle posizioni di governo regionale». Prescrizione che è stata esemplificata dai giuristi con l’esatta ripartizione matematica (nel caso del Veneto 5 a 5), eventualmente emendabile al ribasso di un’unità (6 a 4). Sotto la soglia si rischia l’impugnazione al Tar da parte degli esclusi o dell’opposizione, eventualità che non si è verificata nell’ultima legislatura nonostante le donne in giunta fossero appena 2 su 12 (Donazzan e Coppola), ma che pure ha coinvolto, oltre a quello lombardo, anche l’esecutivo campano e, nei Comuni, le giunte Alemanno a Roma e Ricci ad Assisi. Le donne elette in maggioranza a cui potrebbe guardare Zaia sono soltanto quattro: l’uscente Elena Donazzan (Forza Italia) e le esordienti Sonia Brescacin, Silvia Rizzotto e Manuela Lanzarin (tutte lista Zaia). L’alternativa è chiamare una o più «esterne» (si era vociferato di un ritorno di Isi Coppola ma l’ipotesi sembra aver perso quota). Si vedrà quale soluzione adotterà il presidente.
Sempre in tema totogiunta, si segnala poi la lite scoppiata in Fratelli d’Italia tra il vicentino Sergio Berlato, consigliere recordman di preferenze in Veneto (10.422), e Raffaele Speranzon, veneziano, candidato pure lui alle Regionali per il partito della Meloni ma senza fortuna, per uno 0,09% che non ha fatto scattare il secondo seggio. «Voglio sperare che Zaia tenga conto della territorialità – ha detto Speranzon – Venezia capoluogo non ha alcun rappresentante in consiglio, dunque mi propongo come assessore esterno». Lapidaria replica di Berlato: «Comprendo le legittime aspirazioni di ciascuno e quello di Speranzon è un auspicio come un altro. La politica, la meritocrazia, la logica dei numeri e il buon senso, però, dicono che se un assessore di Fratelli d’Italia ci sarà, sarà Berlato. La decisione, ovviamente, spetta a Zaia ma so che Meloni ha già avanzato formale richiesta e il nome è il mio»
Il Mattino di Padova e il Corriere del Veneto – 5 giugno 2015