di Renato Benedetto. Pari non sono, nel nuovo Parlamento: ci sono più uomini che donne, due su tre. Ma, guardando al confronto con il passato, il numero delle parlamentari è in crescita: il 34,6% dei deputati e il 34,8 dei senatori — secondo i calcoli di Openpolis sulla nuova legislatura — sono donne. Più di cinque anni fa, quando se ne contavano il 30,7% a Montecitorio e il 28,4 a Palazzo Madama. E il doppio rispetto a dieci anni fa.
Sotto la soglia
I dati sugli eletti, a dieci giorni dal 4 marzo, sono ancora provvisori, un po’ per la pesantezza della macchina, un po’ per i complicati meccanismi della legge elettorale. Ma una certezza c’è: il numero di elette, alla Camera come al Senato, è sotto la soglia del 40%. Quella minima, prevista dal Rosatellum, per le donne candidate: nelle liste di ciascun partito, soprattutto nella vantaggiosa posizione di capolista, gli uomini non potevano essere, e non sono stati, più del 60%. Alla fine, tra gli oltre 9 mila candidati che hanno corso alle Politiche, quasi la metà era donna. Nell’elenco degli eletti, però, gli uomini sono più del 60%. Vale per tutti i partiti, o quasi: fa eccezione il Movimento 5 Stelle, che porta in Aula la percentuale femminile più alta, il 39%. Poco sotto si trovano Forza Italia (35%) e Pd (34) a chiudere il podio. Poi la Lega (31) e Fratelli d’Italia (30), partito che ha come leader una donna. Ultimo Liberi e uguali, formazione che ha fatto della parità di genere una battaglia e che alla fine conta solo il 28% di elette donna.
Aggirare le norme sulla parità di genere non è stato difficile: la stessa legge che fissava nero su bianco le quote conteneva nero su bianco la via d’uscita, cioè le pluricandidature. Piazzando le donne capolista in più listini in diverse zone del Paese (fino a cinque) si apriva la strada ai candidati uomini che dalla seconda posizione, una volta eletta la numero uno donna, si ritrovavano in testa. I 5 Stelle hanno fatto un uso moderato delle pluricandidature. E hanno eletto più donne, semplice, oltre i garbugli di questa legge elettorale.
Da Nord a Sud
Il successo del Movimento nel Mezzogiorno potrebbe aver influito sui risultati sopra la media, riguardo la presenza femminile tra i parlamentari eletti, registrati in alcune regioni del Sud: a cominciare dalla Sicilia e dalla Calabria, oltre il 40%. È donna quasi il 45% dei deputati che arriveranno dalla Campania. Ma tra le prime regioni d’Italia per «elette» c’è anche il Trentino-Alto Adige: qui un deputato su due è donna. A proposito di autonomie, è da segnalare il caso della Valle d’Aosta: rappresentata alla Camera, per la prima volta, da una donna (del Movimento, che ha sconfitto le sigle autonomiste per l’unico seggio).
Sotto la media, invece, la Lombardia, soprattutto per quanto riguarda il Senato (non arriva al 29%). In fondo alla classifica c’è la Basilicata, mentre è lontano da cifre «paritarie» anche l’Abruzzo (14% al Senato). Gli italiani all’estero avranno una rappresentanza in linea con il Paese: uno su tre.
Fuori dall’Aula
Il discorso non si esaurisce con il Parlamento. Se si guarda alla Regionali, in Lombardia la doppia preferenza di genere non è servita: sono solo 18 (il 22%) le consigliere elette. Mentre in Trentino si discute su come intervenire per contrastare la tendenza che ha visto sindache e consigliere ridursi dal 14 all’11%. Definendo quello della parità «un lungo cammino», l’ultimo dossier pubblicato dal Senato l’8 marzo fa il punto anche sui governi: su oltre 1.500 incarichi da ministro, le donne ne hanno ricoperti solo 78. È solo dal 1983, sottolinea l’ufficio Valutazione di Palazzo Madama, che la presenza di ministre diventa una costante (seppure perlopiù nei settori sociali, della sanità o dell’istruzione).
Meglio la rappresentanza a Strasburgo: è donna il 39,7% degli europarlamentari eletti in Italia, sopra la media del Parlamento Ue.
Il Corriere della Sera – 14 marzo 2018