Negli ultimi 5 anni le disparità in termini di aspettativa di vita e di mortalità infantile tra i Paesi dell’Ue si sono significativamente ridotte. Ma in un report sulle disuguaglianze di salute pubblicato oggi la Commissione europea punta l’indice contro i principali nemici – in gran parte figli della crisi – all’origine delle disparità di salute: reddito, disoccupazione e bassi tassi di istruzione.
E riconosce all’Italia un triste primato: quello di essere l’unico grande Paese della vecchia Europa in cui l’11% della popolazione è soggetta a «gravi privazioni materiali», ad esempio il riscaldamento o il consumo di carne. Nel 2011 il numero di cittadini italiani colpiti era il doppio rispetto a Francia, Germania e Regno Unito.
Però siamo anche il Paese che in dieci anni è riuscito a ridurre ancora – rispetto a Francia, Germania e Regno Unito – la mortalità infantile, portandola da una media nel 2001di 4,4 decessi per mille nati vivi, a 3,2 nel 2011. Calo che pure si registra a livello europeo dove nello stesso periodo si è passati in media da 5,7 a 3,9 decessi.
Il gap tra i maggiori e i minori livelli di aspettativa di vita nell’Europa a 27 si è ridotto per gli uomini del 17% tra il 2007 e il 2011 e per le donne del 4% tra il 2006 e il 2011. La disparità nella mortalità infantile tra i Paesi dell’Ue si è dimezzata – dal 15,2 al 7,3 per mille nati vivi tra il 2011 e il 2011. Tassi analoghi per la mortalità infantile media, passata dal 5,7 al 3,9 per mille nati vivi. Eppure, sottolineano dalla Commissione Ue nel report, la strategia “Solidarity in health” va ulteriormente implementata. «Il nostro impegno prioritario – ha spiegato il commissario europeo Tonio Borg – dovrà continuare a contrastare i gap di salute tra i differenti gruppi della società e tra regioni e Stati membri».
Qualche dato aiuta a inquadrare il fenomeno: tra la Svezia, Paese con la più alta aspettativa di vita per gli uomini (79,9 anni) e le realtà dove l’indicatore è al contrario più basso (68,1 anni), si registra un gap di ben 12 anni. Ancora: nel 2010, in sette regioni europee la mortalità infantile superava il dato di 10 per mille nati vivi. Mentre nello stesso anno il gap stimato nell’aspettativa di vita maschile a 30 anni variava tra i 3 e i 17 anni, sulla base del livello di istruzione.
Numeri che la dicono lunga sulla necessità di agire sui determinanti socio-economici della popolazione per disinnescare la boma a orologeria delle disuguaglianze di salute dovute a povertà e ignoranza.
Il Sole 24 Ore sanità – 10 settembre 2013