Il ddl elaborato dal ministro Patroni Grilli per modificare l’assetto del lavoro pubblico intende mettere pesantemente mano al sistema di valutazione
Valutazioni dei dipendenti pubblici, si va al riordino. Troppo complesso il quadro operativo previsto dalla riforma-Brunetta, tra ciclo della performance, documento annuale di programmazione, Civit, organismi indipendenti di valutazione, valutazioni dell’ente nel suo complesso, valutazione degli uffici, valutazione dei singoli dipendenti, la valutazione invece di essere un supporto per comprendere l’efficacia dell’azione amministrativa rischia di essere fonte di nuovi adempimenti burocratici. Il ddl elaborato dal ministro Patroni Grilli per modificare l’assetto del lavoro pubblico intende mettere pesantemente mano al sistema di valutazione, per conseguire due principali scopi: rendere meno oneroso il processo valutativo e puntare più decisamente alla valorizzazione dei risultati delle strutture organizzative, piuttosto che della prestazione individuale dei singoli dipendenti. L’articolo 4 del ddl contiene i criteri ai quali si dovrà attenere il governo per emanare il decreto legislativo attuativo della legge delega. Un primo obiettivo indicato dal ddl è la più stretta connessone tra il sistema di valutazione e la programmazione economico finanziaria. Lo scopo è fare sì che l’appostamento delle risorse finanziarie, quando si forma il bilancio di previsione, tenga conto dei risultati conseguiti. Dunque, a maggiore efficienza, deve corrispondere una più alta assegnazione di risorse. Ma, il punto forte è la modifica a 180 gradi delle regole sulla valutazione della performance individuale. L’articolo 4 indica di inserire il giudizio sulla produttività del singolo dipendente «nel contesto della performance organizzativa». In sostanza, il risultato dell’ufficio nel quale il dipendente presta servizio deve condizionare anche la valutazione della performance del singolo, che, dunque, dovrebbe perdere di peso, anche se il giudizio individuale resterà fondamentale per «assicurare la retribuzione differenziata in relazione ai risultati conseguiti, fermo il divieto di corresponsione di trattamenti uniformi, automatici o a rotazione». Tra i criteri previsti dal ddl anche la possibilità di favorire la «valutazione comparativa.. Da capire se essa riguarderà il confronto tra dipendenti del medesimo ente, o se la comparazione avrà ad oggetto il confronto tra risultati di enti diversi ma comparabili. Ancora la revisione del sistema di valutazione contiene un ritorno al passato: il nuovo metodo dovrà tenere «anche conto del livello di responsabilità e dell’inquadramento del dipendente». Sul piano organizzativo, per conseguire l’obiettivo rendere meno burocratico il sistema di valutazione, il ddl indica al legislatore delegato di «snellire gli adempimenti connessi all’attuazione del ciclo di gestione della performance». Si ventila la possibilità di ridurre il numero dei soggetti coinvolti nel processo ed anche il livello di dettaglio delle prescrizioni. Più spazio, dunque, a standard valutativi discendenti dall’esperienza derivante da buone pratiche messe in piedi dalle amministrazioni.
Luigi Oliveri – ItaliaOggi – 25 maggio 2012