di Luciano Costantini. Duecentomila. Anche se il numero esatto non è stato ancora individuato, semplicemente perché manca ancora una verifica generale delle piante organiche. Ma è questo l’ordine di grandezza sul quale stanno lavorando discretamente i tecnici del ministero del Lavoro insieme a quelli del Tesoro e della Funzione pubblica. Un numero intorno al quale, il condizionale è d’obbligo, dovrebbe scattare la riduzione degli addetti alla macchina statale. Un taglio incisivo che, qualora andasse in porto, andrà a incidere profondamente su una platea di oltre tre milioni di quadri, operai e impiegati. E che avrà una durata di almeno 3 anni.
TECNICI IN CAMPO
Attenzione, nelle ipotesi allo studio non è previsto nessun licenziamento, ma esodi (non agevolati) per i dipendenti over 57 che attualmente sono condannati (si fa per dire) a restare al lavoro per gli effetti della riforma previdenziale di Elsa Fornero che allunga i tempi di pensionamento. Dipendenti che hanno comunque un costo rilevante per le casse dello Stato.
L’IMPATTO SOCIALE
Il ministro del Lavoro, Enrico Giovannini, ha già avviato informalmente i primi sondaggi con le organizzazioni sindacali per valutare l’impatto sociale dell’operazione. E per capire se andare a avanti o no. Perché c’è chi – è scontato – punterà i piedi sottolineando come, negli ultimi anni, i dipendenti pubblici abbiano visto decurtate le loro retribuzioni, causa il blocco dei contratti. E c’è chi – forse con più realismo – immagina una macchina statale più efficiente, meno ridondante e meno dispendiosa.
REALISMO
Il progetto, pure per grandi linee, sarebbe già sul tavolo del premier, Enrico Letta, o starebbe per finirci. Di certo i tecnici di Saccomanni lo hanno studiato a fondo. L’impatto sarebbe a costo zero in quanto gli esodi dei «lavoratori anziani» avverrebbero su base volontaria in cambio, per loro, di una possibile ricollocazione nel sistema previdenziale pre-Fornero. Anzi, permetterebbe di recuperare cospicue risorse da impiegare per il finanziamento della contrattazione di secondo livello in tutti i settori dell’apparato statale. Possibile che il confronto governo-sindacati sul delicatissimo tema scatti a settembre allorché il ministro, Gianpiero D’Alia, incontrerà i vertici dei rappresentanti dei lavoratori per avviare la trattativa sul rinnovo dei contratti.
Il titolare della Funzione Pubblica, pur confermando il blocco degli stipendi, si è impegnato ad individuare un’intesa sulla parte normativa e a cercare, pur tra mille difficoltà, nuove risorse per le retribuzioni congelate ormai da 7 anni. E per convincere i sindacati che minacciano di scendere in piazza e sfiduciare l’esecutivo. Raffaele Bonanni pretende un confronto a tutto campo che comprenda anche pensioni d’oro, consulenze, sprechi, anomalie varie. Intanto però, il leader della Cisl, avrebbe incassato da D’Alia l’impegno ad allargare a tutti i settori della pubblica amministrazione l’applicazione degli accordi di secondo livello, sulla base di una regola semplice semplice: più lavori e meglio lavori, e più guadagni.
COMPETITIVITA’
Il solo meccanismo che, in tempi di profonda sofferenza economica, pare poter garantire qualche aumento retributivo, comunque in grado di difendere le buste paga dall’erosione del caro vita. In effetti, il sistema integrativo viene già attuato in qualche comparto pubblico, ma i risultati, fino ad oggi, sono stati più che insoddisfacenti.
Chiaro che, prima di procedere, al varo delle nuove regole sulla produttività, dovrà essere realizzata la completa revisione delle piante organiche anche in base alle possibili fuoriuscite. E poi saranno necessarie importanti risorse. Si parla di almeno due miliardi che potrebbero essere raccolti proprio attraverso il taglio dei duecentomila dipendenti over 57. L’importante è cominciare.
Lunedì 12 Agosto 2013 – Il Messaggero