Negli ultimi 10-11 le paghe sono quasi raddoppiate e adesso la Regione vuol mettere un freno. La contesa finisce in tribunale
TRIESTE (gazzettino.it – 5 dicembre) – «Dicono che sono cattivo, ma non è vero. I numeri non sono cattivi. Sono numeri. E negli ultimi dieci-undici anni i dipendenti degli enti pubblici regionali hanno praticamente raddoppiato lo stipendio». Giuseppe Mareschi, capo della delegazione trattante per il contratto del Comparto unico, squaderna sul tavolone numeri su numeri da perderci la testa. Dichiara che «un dipendente comunale del Friuli Venezia Giulia ha ottenuto mediamente il 5-6 per cento di incremento retributivo all’anno nell’ultimo decennio», ma soprattutto calcola la differenza fra quanto percepiscono i dipendenti degli enti locali nel resto d’Italia e in questa regione in base all’ultima proposta di accordo contrattuale, quella sottoscritta da Cisl e Csa, che costa 19 milioni di euro alle pubbliche casse, ma fieramente avversata da Cgil, Cisal, Uil e Ugl, che invece propugnano un diverso calcolo della massa salariale e aumenti che indurrebbero una spesa globale di 20,8 milioni.
«Io faccio sempre la differenza fra l’impiegato comunale di San Michele al Tagliamento e quello di Latisana. A dividerli è soltanto un ponte sul Tagliamento, eppure la differenza in categoria A è pari mediamente a 121,3 euro (+18,7 per cento), in categoria B a 94,7 euro (+13,5), in categoria C a 64,8 (7,9) e infine nella categoria D a 126,75 euro (14,5 per cento)».
In base al computo, per ciascun abitante del Friuli Venezia Giulia il costo da affrontare sul fronte del lavoro nel Comparto unico è pari a 570 euro. «La Regione ha espresso negli ultimi anni uno sforzo enorme per realizzare il Comparto unico del pubblico impiego», ricorda Mareschi. Un costo – aggiungiamo noi – che finora la Sezione di controllo della Corte dei conti ha considerato sproporzionato rispetto ai pochi, pochissimi risultati effettivi in termini di efficienza ed economicità che è stato possibile conseguire. Un costo che si richiama soprattutto all’adeguamento degli stipendi dei dipendenti dei Comuni, i quali da soli rappresentano 12.500 addetti sui 15.700 complessivi del Comparto.
«Per molto tempo abbiamo riconosciuto tanto ai dipendenti – va avanti Mareschi – al punto che i loro colleghi del Veneto e di molte altre realtà del Paese arriveranno a questi stipendi nel giro di almeno 15 anni e forse più». E ora che le condizioni generali sono mutate notevolmente, ora che gli enti pubblici devono assolutamente fare economia, «noi non proponiamo lacrime e sangue, ma un aumento un po’ inferiore al trend del passato. Punto». Cgil, Cisal, Uil e Ugl, naturalmente, sono di parere diametralmente opposto, ma secondo il capo della Delegazione trattante «certi atteggiamenti di fronte a proposte del genere rischiano di dare l’impressione di voler difendere a oltranza dei privilegi».
Certo che il clima dei rapporti si è fatto rovente, visto che ormai si parla davanti al magistrato: i sindacati non firmatari hanno denunciato la parte pubblica per comportamento antisindacale per aver sottoscritto un accordo con chi – Cisl e Csa – non rappresenta la maggioranza degli iscritti alle organizzazioni: «Noi antisindacali? Abbiamo siglato soltanto un atto propedeutico», chiarisce Mareschi. «Sappiamo bene che non è un contratto e che nelle condizioni attuali non può essere applicato».