La prescrizione dei contributi non mette a rischio la pensione per i lavoratori del settore pubblico. Lo precisa l’Inps nella circolare n. 169/2017 pubblicata dall’Inps in cui l’istituto illustra le conseguenze per i lavoratori del pubblico impiego in caso di mancato versamento della contribuzione da parte dell’amministrazione pubblica.
Come noto, la legge 8 agosto 1995, n.335 (cd. Riforma Dini) ha ridotto il termine di prescrizione della contribuzione previdenziale e assistenziale obbligatoria da dieci a cinque anni stabilendo, che la contribuzione prescritta non può essere versata e, conseguentemente, incassata dall’Istituto neanche spontaneamente.
Tali regole si applicano in linea generale non solo ai lavoratori dipendenti del settore privato (assicurati cioè presso l’assicurazione generale obbligatoria dei lavoratori dipendenti e le forme ad essa sostitutive) ma anche ai lavoratori del pubblico impiego, assicurati presso il regime esclusivo dell’assicurazione generale obbligatoria prima appartenente all’Inpdap. A quest’istituto, si ricorda, erano già confluite le casse Ctps, Cpdel, Cpug, Cpi e Cps. La Ctps dei dipendenti statali e università; la Cpdel di quelli d’enti locali (regioni, province, comuni ecc.); la Cpug degli ufficiali giudiziari; la Cpi degli insegnanti di scuole primarie paritarie (pubbliche e private), di asili eretti in enti morali e delle scuole dell’infanzia comunali; la Cps dei sanitari (medici ecc.). Il principio che vale per tutte le casse è quello della prescrizione quinquennale dei contributi non versati. Il termine, spiega l’Inps, decorre dalla data in cui il diritto può essere fatto valere (art. 2935 codice civile), che per la contribuzione coincide con il giorno in cui l’istituto può esigerla. Si tratta della data di scadenza del termine per fare il versamento (giorno 16 del mese successivo a quello a cui la contribuzione si riferisce).
La regola speciale per il pubblico impiego
Nonostante tale regola generale che equipara i lavoratori pubblici a quelli del settore privato l’Inps rammenta che è ancora oggi applicabile l’art. 31 della legge 24 maggio 1952, n. 610. La disposizione da ultimo richiamata stabilisce una speciale disciplina per il recupero delle contribuzioni dovute per gli iscritti presso la CPDEL, CPUG, CPS e CTPS, per le quali le Amministrazioni datrici di lavoro abbiano iniziato il versamento in data successiva a quella in cui ricorreva l’obbligatorietà dell’iscrizione alle stesse.
In caso di prescrizione dell’obbligo di versamento della contribuzione previdenziale, il datore di lavoro resta infatti tenuto a sostenere l’onere del trattamento di quiescenza per i periodi di servizio in cui è intervenuta la prescrizione medesima, con obbligo di versamento della relativa provvista, calcolata sulla base dei criteri di computo della rendita vitalizia ex articolo 13 della legge n. 1338/1962 (cioè per il tramite del meccanismo della riserva matematica). In sostanza, in questi casi, i contributi non versati restano comunque validi ai fini della pensione e l’Inps li potrà recuperare dall’amministrazione pubblica, anche in via coattiva senza che il lavoratore debba fare alcunchè.
Fuori gli insegnanti delle scuole primarie paritarie
Al contrario, l’art. 31 citato non è applicabile ai lavoratori assicurati presso la CPI in cui sono attualmente iscritti gli insegnanti di asilo e scuole elementari parificate, oggi ricondotte nell’ambito della nuova categoria delle scuole paritarie per effetto della legge n. 62/2000. Per questi soggetti resta pertanto valido il regime previsto per la generalità dei lavoratori dipendenti del settore privato: i contributi prescritti non sono cioè validi ai fini della pensione con un danno evidente per il lavoratore. L’unica via che resta al lavoratore per valorizzarli ai fini pensionistici è richiedere la costituzione della rendita vitalizia al pari di quanto accade per i lavoratori del settore privato.
L’Istituto ricorda che, tenuto conto degli opportuni adeguamenti ai quali i sistemi in uso presso gli enti e le pubbliche amministrazioni dovranno essere necessariamente sottoposti, le nuove disposizioni si applicano a far data dall’1 gennaio 2019 e non più dal 31 dicembre 2017 come era stato indicato precedentemente nella Circolare 94/2017 che è stata, quindi, annullata dall’Inps.
17 novembre 2017