Paolo Baroni. Pensavano di avere in mano un biglietto della lotteria di quelli «buoni»: avevano passato il concorso pubblico, non l’avevano vinto, ma era stati comunque dichiarati «idonei» e prima o poi quel posto, stabile e garantito, tanto sognato (e sudato) l’avrebbero magari ottenuto ugualmente. Poi il governo ha deciso di abolire le province, si è ritrovato con 20mila persone da ricollocare e per questo ha bloccato tutte le nuove assunzioni.
Stop al turnover in ogni tipo di amministrazione, sia centrale che periferica, forze di polizia comprese, sino a tutto il 2016, ha sancito l’ultima legge di Stabilità che dei tanti concorsi banditi ha salvaguardato solo i vincitori.
E così per 80mila idonei, alcuni in attesa della «chiamata» ormai da anni, il «posto» si è volatilizzato. Forse per sempre, perché le graduatorie non solo in questo modo non scorreranno più, ma scadranno alla fine del 2016. Scade il blocco, scadono gli elenchi, insomma, e chi si è visto s’è visto.
La mobilitazione social
Per questo ora gli «idonei» hanno deciso di scendere in piazza a protestare. Si sono organizzati in coordinamenti, aperto pagine Facebook e lanciato una serie di hashtag su Twitter, da #idoneiinpiazza2015 a #piùsicurezza a #nobloccoassunzioneidonei per lanciare la mobilitazione. Dopodomani mattina saranno a Roma, davanti a Montecitorio. Ci saranno quelli del Comitato 22 procedure per la giustizia di Roma e i vincitori e idonei per 300 posti per la ricostruzione in Abruzzo, il Comitato idonei al concorso del Comune di Napoli e quelli dell’Iacp, e poi gli amministrativi B1-Inps, gli operatori dei centri di formazione di Roma e quelli Giunta della Regione Campania, della Difesa, dell’Interno, gli allievi marescialli carabinieri e chi ha partecipato al concorso per 650 allievi agenti di polizia nel 2014.
Cifre incerte
In tutto, secondo le ultime stime del Formez, oggi gli idonei sono «ufficialmente» 84.040 (36.127 stanno nelle graduatorie degli enti locali e 31.277 nella sanità), presenti in 9225 differenti graduatorie, ma secondo alcune stime potrebbe essere anche il doppio.
«Abbiamo deciso di scendere in piazza per far valere le nostre ragioni, per chiedere allo Stato di restituirci quei diritti che, non più tardi di un anno fa, ci aveva riconosciuto attraverso la legge promossa dal ministro D’Alia che prorogava tutte le graduatorie fino a fine 2016», spiega il presidente del Comitato XXVII Ottobre, Alessio Mercanti.
Una pioggia di ricorsi
In assenza di risposte si annuncia già un boom di ricorsi alla magistratura, sino ad arrivare alla Corte di giustizia europea per contestare la violazione del principio di non discriminazione, visto che il governo ha previsto una deroga per i Beni culturali.
Per i comitati, infatti, «è cristallino l’intento dell’esecutivo: arrivare alla scadenza delle graduatorie senza poterci dare la possibilità (non l’assunzione certa) di subentrare “naturalmente” alle cessazioni del personale dipendente, altrimenti avrebbero previsto un’ulteriore proroga come peraltro è stato fatto per i contratti a termine. E magari, dopo il 2017, si ricomincerà a bandire concorsi che costeranno milioni di euro quando invece si può assumere fin da subito dalle graduatorie ad oggi valide».
Governo in imbarazzo
E il governo cosa risponde? Il ministro della Funzione pubblica Madia lo scorso dicembre, prima che scattasse il blocco, durante un question time, aveva assicurato che era «intenzione del governo tutelare le aspettative degli idonei prima di procedere a nuove assunzioni». Poi però è arrivata la legge di Stabilità, il quadro è cambiato completamente, ed ora si trova alle prese con una vera e propria bomba sociale innescata.
La Stampa – 9 febbraio 2015