Quale ruolo avranno i Dipartimenti di prevenzione delle Ulss e quale sarà l’assetto dei servizi che vi afferiscono nella riorganizzazione della sanità regionale che la riforma in discussione sta disegnando? Questo il tema al centro della sessione pomeridiana del convegno One health, one medicine, one world: obiettivi raggiunti e traguardi possibili sulla strada della multidisciplinarietà ambientale, alimentare e sanitaria, organizzato da Ulss 22, Società italiana di medicina veterinaria preventiva e Società italiana di igiene Triveneta, che si è tenuto all’hotel Montresor di Bussolengo il 29 settembre. Di quale Dipartimento di Prevenzione ha bisogno oggi il nostro Paese e quali sono in particolare le necessità del territorio veneto? si sono interrogati relatori e presenti. E soprattutto quale “peso” avrà la medicina preventiva, spesso dimenticata e considerata dai decisori politici poco “remunerativa” in termini di consenso, poiché produce i suoi effetti visibili solo in tempi medio-lunghi?
La conduzione del dibattito, molto partecipato, è stato affidato ai rappresentanti delle due società scientifiche, il presidente Siti Triveneta, Antonio Ferro, e il presidente onorario Simevep, Aldo Grasselli. Medici e veterinari a confronto nell’analizzare i punti di forza e di debolezza che ogni proposta organizzativa porta con sé con una discussione ricca di spunti e di argomentazioni articolate, arricchito dagli interventi di Vittorio Carreri, Sandro Cinquetti e Massimo Valsecchi, oltre che dal contributo dei numerosi operatori di sanità pubblica presenti in sala.
Se Ferro ha illustrato i timori per il futuro dei servizi di prevenzione che si andranno a definire con il nuovo assetto territoriale veneto, bocciando il modello “lombardo” di Dipartimento veterinario autonomo («si perderebbe un focus unitario»), Grasselli ha tratteggiato le nuove prospettive della medicina veterinaria pubblica, sottolineando scenari e orizzonti professionali inediti e in continua evoluzione.
Sostanziale convergenza di medici e veterinari veneti sul modello del Dipartimento di prevenzione a sei “pilastri” di pari livello, così come definito dall’articolo 7 quater del DLgs 502/92, con tre strutture complesse di area medica e tre di aree veterinaria. Ma, attenzione, ha sottolineato Grasselli, questi sei “servizi” dovranno avere la medesima valenza e la stessa qualificazione. Il presidente onorario Simevep ha rimarcato la sempre maggiore specializzazione in sanità veterinaria e la necessità che i servizi di quest’area siano distinti e autonomi per discipline e competenze, diverse e infungibili. Grasselli ha riservato un passaggio anche alla formazione e alla necessità di prevedere, accanto a figure manageriali di livello organizzativo-gestionali anche quelle di veterinari specialisti ‘professional’ in determinati settori.
Il referente Simevep per il Veneto, Franco Cicco, ha rimarcato come oggi si renda opportuno prevedere, in ogni nuova Ulss, a fianco dei tre tradizionali servizi veterinari, anche un’Unità di Igiene urbana. E ha poi evidenziato come le grandi dimensioni delle Ulss future rendano necessaria, per garantire l’efficienza degli interventi e un’utenza consolidata, la creazione di Distretti veterinari territoriali, equivalenti per ambito alle vecchie Ulss.
A conclusione della giornata dai rappresentanti delle due società scientifiche è scaturita la proposta di costituire un gruppo di lavoro ristretto tra professionisti medici e veterinari della prevenzione per arrivare a produrre un documento da presentare, in tempi brevi, agli amministratori regionali, come proposta-risposta alle politiche di razionalizzazione della spesa, a fronte della necessità di azioni orientate alla efficienza e all’efficacia nel campo della medicina preventiva.
Più marcatamente “professional” la sessione mattutina del convegno, in cui sono stati ricordati i 30 anni dall’evento disastroso di Chernobyl e le sue ricadute attuali sul nostro territorio. La relazione del professor Viktor Averin, dell’Università di Gomel (Bielorussia) ha aperto la giornata riportando alla mente dei partecipanti quell’aprile del 1986, quando la nube tossica si sprigionò dall’impianto nucleare di Chernobyl, descrivendo le conseguenze da lui stesso rilevate nei territori colpiti e le ripercussioni a livello ambientale, alimentare e di salute umana che si sono evidenziate in tutta Europa. A seguire il dottor Flavio Trotti di Arpa Veneto ed il dottor Pietro Luigi Cazzola dell’Istituto Zooprofilattico di Vercelli hanno illustrato, dati alla mano, le conseguenze derivanti da quell’evento sul nostri territori del nord Italia, supportando con dati assai recenti la condizione attuale di aria, acqua, suolo, nonché di alcune specie di animali selvatici. Il dottor Vittorio Carreri, Coordinatore onorario del Collegio degli Operatori di Prevenzione, di Sanità Pubblica e delle Direzioni Sanitarie della SItI ha catturato l’attenzione del partecipanti su quale insegnamento debba trarre la sanità pubblica preventiva oggi dall’evento di Chernobyl: ha inoltre prodotto una serie di dati di grande interesse su alcune matrici alimentari nella Regione Lombardia, dal 1986 ad oggi, con particolare riferimento alla presenza di alcuni radionuclidi quali il Cesio 137 e lo Stronzio 90.
5 ottobre 2016