Il provvedimento non è ancora stato emanato perché non è chiaro se sia di competenza della Provincia di Verona o della Regione Veneto
È ancora fumata nera per l’emanazione dell’ordinanza che dovrà vietare la pesca delle anguille sulla riviera scaligera del lago di Garda. Non è stato ancora trovato ufficialmente un accordo tra gli uffici della Regione e quelli dei Palazzi Scaligeri per capire di chi sia la competenza di dare lo stop alle reti dei pescatori per i grassi pesci gardesani.
Il problema era stato sollevato, qualche settimana fa, sia dal responsabile del Servizio Caccia e Pesca della Provincia di Verona Ivano Confortini che dal responsabile del Servizio Veterinario dell’Ulss 22 Alessandro Salvelli.
Il tutto aveva anche trovato l’immediato avallo del vicepresidente della Provincia e delegato all’ambiente, Fabio Venturi, che aveva dato «pronta disponibilità a emanare l’ordinanza, se risulterà che la competenza è della Provincia». Venturi, anzi, aveva pure aggiunto di «poter coinvolgere anche l’omologo assessore della Provincia di Brescia, in modo da uniformare lo stop sulle due sponde del bacino». «In Trentino, infatti, di anguille non se ne pescano e non ci sono pescatori professionisti quindi il problema è assolutamente marginale», avevano specificato dai Palazzi Scaligeri.
In questi giorni, però, se non si può apertamente parlare di «scarica-barile», certamente si può dire che un po’ di confusione, su chi debba fare l’ordinanza di blocco, c’è. Capire a chi competi il provvedimento, sta divenendo un vero e proprio rebus.
Gli uffici regionali del Servizio di Tutela Acque, cioè quelli che avevano convocato la conferenza interregionale il 25 maggio sul problema delle anguille contaminate da diossina e Pcb, e che fanno capo all’assessorato all’ambiente, non avrebbero trovato ancora un accordo con l’Unità di Progetto Caccia e Pesca, ! che fa capo invece all’assessorato all’agricoltura, nè col settore della Sanità Animale e Igiene Alimentare, che invece fa capo al comparto sanità. L’unica cosa certa pare essere che la parte di competenza sanitaria «sia già stata espletata sia dalla Regione che dal ministero della Salute visto che il 17 maggio il sottosegretario Francesca Martini aveva firmato una ordinanza valida su tutto il Garda con la quale veniva bloccato per 12 mesi sia il consumo che il commercio delle anguille», sostengono da Venezia.
«Su questa parte, cioè sul pescato, abbiamo competenza ma non sulla pesca», fanno sapere dalla Unità Complessa di sanità animale e igiene alimentare. Posizione identica a quella del Ministero, da dove il sottosegretario Francesca Martini aveva già detto che la competenza del dicastero non comprendeva anche la possibilità di stoppare la pesca.
Dalla Provincia di Verona, comunque, sono partite tele! fonate ed e-mail di richiesta se si debbano adottare provvedimenti sulla fauna ittica e i destinatari sono sia l’Ufficio di Igiene Alimentare che l’Unità di progetto di Caccia e Pesca della Regione.
Insomma: il meccanismo che dovrebbe portare alla ordinanza o della Regione o, più probabilmente, della Provincia, pare essersi inceppato o almeno trovarsi in una situazione di forte rallentamento. Ciò che è certo è, invece, quanto ribadito pochi giorni fa sia da Confortini che da Salvelli. E cioè che «per applicare in maniera adeguata l’ordinanza di blocco del consumo e del commercio delle anguille è necessaria, anzi, indispensabile, una ordinanza che vieti anche la pesca». La stima che viene fatta sul pescato annuo di anguille del Garda parla di 50 quintali. Cioè di 5 mila chilogrammi di pesce contaminato, che rischia di continuare a poter essere pescato come accade ad oggi.
Non va meglio sul versante bresciano. Come gli uffici della Provincia di Verona anche quelli di Brescia hanno scritto a! i colleghi della Regione Lombardia. E anche dal Pirellone le notizie devono ancora arrivare. «C’è stima e fiducia verso i pescatori professionisti coi quali, anzi, c’è stato sempre un ottimo rapporto di collaborazione anche per il monitoraggio ittico», avevano detto giorni fa sia Salvelli che Confortini, «è chiaro che qualcuno, anche pescatore non professionista, potrebbe ancora oggi tranquillamente pescare le anguille, conservarle in freezer e poi venderle quando l’ordinanza di 12 mesi sarà scaduta». Uno stoccaggio che, «oltre a essere pericoloso, disturberebbe non poco l’attività di controllo che dovrà essere fatta da parte delle Guardie Venatorie o dei Guardia Pesca, ma anche dal Servizio igiene alimenti e nutrizione della Ulss 22», avevano concluso i due dirigenti
Larena.it – 8 giugno 2011