A DISTANZA DI UNA SOLA fermata di metrò, a Londra si perdono 6 anni di vita. Passando da Pimlico, sulla Victoria line, a Vauxhall, subito al di là del Tamigi, l’aspettativa media di vita passa da 84 anni a 78. Meglio quindi trasferirsi a Pimlico? Non esattamente. Perché chi vive alla fermata precedente della stessa linea guadagna altri 2 anni, e chi a quella prima ancora (Green Park) altri 4. Per arrivare al record di chi abita nella centralissima Oxford Circus, che può sperare di arrivare fino a 96 anni.
Questo non accade solo nel Regno Unito. Un gradiente analogo è stato registrato a Torino, lungo la linea del tram 3, con il passaggio dai quartieri borghesi della collina a quelli più disagiati della barriera di Vallette, nella periferia Nord Ovest: da un capolinea all’altro si perdono 4 anni di speranza di vita. La differenza è spiegata dalla diversa classe sociale dei residenti, dove l’aspettativa di vita si correla con la posizione sociale: più alta è la classe sociale, più lunga è la speranza di vita. Nel concetto di classe sociale rientrano diversi fattori: l’ambiente domestico e familiare, le relazioni sociali, il tipo di educazione ricevuta, il livello di istruzione, la disponibilità di un lavoro. Tra questi, l’indicatore che con più agio si può scorporare e misurare è il livello di istruzione.
Dagli studi epidemiologici condotti in Europa, emerge che chi ha fatto studi universitari ha un’attesa di vita superiore di 4 anni e mezzo rispetto a chi si è fermato alla licenza elementare. Qual è il motivo? Approfondendo i dati, si può osservare che chi ha un livello di istruzione superiore adotta anche uno stile di vita più sano: significa astenersi dal fumo, seguire un’alimentazione basata sulla dieta mediterranea, consumare poco alcol, fare regolarmente del moto o un’attività fisica moderata.
Un’asserzione confermata dai dati raccolti dalle reti nazionali di sorveglianza (che controllano la salute degli italiani misurando regolarmente alcuni indicatori): a parità di età, su 100 persone laureate solo 14 fumano, mentre i fumatori sono il doppio tra chi si è fermato alla scuola dell’obbligo. Analogamente, solo il 3% dei laureati è obeso contro il 9% dei meno istruiti, e meno della metà dei laureati è sedentaria contro i due terzi di chi ha completato solo il percorso scolastico obbligatorio.
Se si adottano comportamenti sani, il differenziale di aspettativa di vita basato sull’istruzione si riduce di molto. Di converso, in presenza di comportamenti malsani per la propria salute, il livello di istruzione non allunga la vita.
Tornando quindi all’esempio iniziale, come mai la correlazione tra gradiente sociale e aspettativa di vita è clamorosamente evidente a Londra mentre c’è, ma meno marcato, in una città italiana come Torino? È un limite della relazione che lega le disuguaglianze sociali ai livelli di salute oppure, nelle abitudini di vita degli italiani, interviene qualche fattore che la attenua? Con buona probabilità, è vera la seconda ipotesi.
In generale, in Italia le disuguaglianze sociali di salute sono meno importanti rispetto agli altri Paesi europei: da noi la forbice della diversa aspettativa di vita è molto stretta, con soli 4 anni di differenza tra gli estremi di scolarità alta e bassa negli uomini e 2 nelle donne.
Il dato risulta ancor più significativo se lo si paragona a quello dei nostri vicini d’oltralpe: in Francia il confronto tra cittadini colti e meno istruiti porta a 6,8 anni di vita in più negli uomini e 4,4 anni nelle donne, mentre in Austria rispettivamente a 7,8 anni e 5,3 anni.
Epidemiologo di fama internazionale. È rientrato in Italia come Professore alla Humanitas University, dopo aver ricoperto ruoli importanti presso l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro ( IARC) di Lione e presso l’Imperial College di Londra, dove ha diretto la Scuola di Sanità Pubblica che lui stesso ha contribuito a fondare
Repubblica – 3 ottobre 2017