La valanga del debito è pronta a travolgere l’economia italiana con un peso record: 3 mila miliardi. È il Def arrivato in Parlamento a presentarne il conto: il “rosso” dello Stato, in valore assoluto, salirà dai 2.981 miliardi attesi per quest’anno a quota 3.110 nel 2025. Debito pubblico oltre 3mila miliardi. Rientro in sette anni. IL DOCUMENTO
Ecco la faccia nascosta della “mina” che lo stesso Documento di economia e finanza scritto dal governo colloca su una traiettoria ascendente, in rapporto al Pil. Insieme al deficit, osservato speciale a Bruxelles per lo sforamento del 2023, il debito record, che inizierà a scendere solo dal 2027, costringe la premier Giorgia Meloni a stringere la cinghia, rendendo alquanto complicata – eufemismo – la strada per mettere insieme le risorse per la prossima legge di bilancio. A iniziare dal rifinanziamento del taglio del cuneo fiscale che, recita il Def, rappresenta una «priorità». Intanto, la premier deve aggrapparsi a un aggiustamento dei conti diluito in sette anni che, auspica il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti nella prefazione al Def, si punta a «concordare con la Commissione europea». Per questo motivo, punta su un quadro «largamente in linea con lo scenario programmatico della scorsa Nadef»: un segnale che denota molta prudenza. La stessa «scelta prudenziale» autoassegnata a un Pil collocato quest’anno all’1%, che per gli analisti è però troppo ottimistica, ma che il governo punta a rinvigorire con il Pnrr. Proprio ieri l’Ufficio parlamentare di bilancio ha validato il quadro macroeconomico tendenziale perché – è il giudizio dei tecnici – «le stime sulle principali variabili del quadro sono ricomprese in un intervallo accettabile». Ma l’Upb ha anche sottolineato come le stesse previsioni «in diversi casi si collochino sull’estremo superiore delle valutazioni» indicate al governo.
Tra l’altro la crescita resta assai sensibile agli choc legati alla fiammata dei rendimenti: circa mezzo punto percentuale in meno, tra il 2025 e il 2027, se il tasso del Btp decennale sarà di 100 punti base superiore rispetto a quanto indicato nel Def. È uno scenario di rischio, ma altri dati negativi sono già realtà. La pressione fiscale calerà quest’anno al 42,1%, dal 42,5% del 2023, ma l’anno prossimo risalirà al 42,4% per poi attestarsi su un livello solo «lievemente inferiore nel biennio finale dell’arco previsivo ». Sale la spesa sanitaria, a 138.776 milioni nel 2024, con un tasso di crescita del 5,8% rispetto all’anno precedente. Ma in rapporto al Pil, la traiettoria è discendente: dal 6,3% del 2025 e 2026 si arriverà al 6,2% nel 2027. Un altro vulnus dentro un Def fragile e attendista.
Repubblica