Dieci anni dopo aver discusso la tesi ed aver appeso al muro il titolo di studio, il laureato medio italiano guadagna poco più di 1.600 euro al mese, e il reddito scende sotto quota 1.400 euro se la laurea è di area psicologica o in architettura, e sotto i 1.300 euro se la facoltà da cui è uscito è quella di lettere. Guarda gli stipendi per tipo di laurea
E’ questo il dato più evidente nella curva degli effetti della crisi sulla condizione occupazionale dei laureati fotografata da AlmaLaurea, il consorzio interuniversitario che monitora la situazione di ormai 186mila laureati all’anno e ha presentato questa mattina a Roma il XIV Rapporto annuale sulla condizione occupazionale. I numeri sono tutti in flessione, e riflettono le dinamiche vissute nella prima fila della crisi occupazionale, quella dei giovani in cerca di primo impiego o comunque nei passi iniziali della propria carriera. Il tasso di occupazione a un anno dal titolo, fra gli studenti arrivati alla laurea nel 2010, è del 68,6% per chi ha un titolo triennale, con una flessione di 9 punti percentuali rispetto a quattro anni fa, e del 56,8% fra chi ha conseguito una laurea specialistica (in questo gruppo il dato è sempre più basso perché non considera tirocini, praticantati, dottorati o scuole di specializzazione, ma il confronto con il 2007 mostra comunque un -8%).
I «segnali di frenata», spiegano da AlmaLaurea, sono trasversali fra «tutti i tipi di corso», e indipendenti «dalla condizione lavorativa al momento della laurea»; i segni meno sono ancora più importanti quando si guarda al reddito degli occupati, che un anno dopo il titolo oscilla intorno ai 1.100 euro, con un alleggerimento del 13 per cento rispetto a quattro anni fa. Ad aggravare il problema, c’è anche il fatto che il trascorrere di più tempo dal momento della laurea allarga anziché restringere la forbice con i “colleghi” che hanno debuttato prima nel mondo del lavoro: fra gli occupati a tre anni dal titolo, infatti, il reddito medio di chi si è laureato nel 2006 perde il 16,7% rispetto a chi si trovava nella stessa condizione dopo essersi laureato nel 2000.
Ovviamente le chance occupazionali continuano a dipendere anche dalla laurea che si ha in tasca, perché ingegneri ed economisti (oltre, ovviamente, ai medici, che mantengono i loro tassi di piena occupazione) continuano a primeggiare nelle graduatorie, che vedono agli ultimi posti chi ha frequentato facoltà dell’area geo-biologica o giuridica. Il dato più scoraggiante, però, è quello dell’orizzonte generale, soprattutto se confrontato con quello degli altri Paesi europei: nell’Ue a 27, l’Italia è l’unico Paese in cui nella “torta” complessiva degli occupati (in diminuzione) è scesa l’incidenza delle professioni più qualificate, anche se già nel 2004 il suo peso da noi viaggiava intorno l 19% contro il 22% della media europea e il 28-30% di Gran Bretagna e Paesi Bassi.
Chi otto anni fa si trovava in testa alla classifica, ha migliorato in modo più netto la propria posizione, e il contrario è avvenuto nell’Italia fanalino di coda. Il problema, fanno notare da AlmaLaurea, è che l’indebolimento della performance italiana precede la crisi, e si accentua con il peggioramento della congiuntura. Alla base del problema, sottolinea il Rapporto, c’è lo scarso livello di investimenti che ha caratterizzato il nostro Paese: «Sarebbe un errore imperdonabile – spiegano da AlmaLaurea – sottovalutare o tardare nell’affrontare in modo deciso le questioni della condizione giovanile e del capitale umano», tanto più in un Paese come il nostro, caratterizzato da una quota di laureati sulla popolazione più leggera rispetto agli altri Paesi europei. Lasciare le cose come stanno, permettendo il diffondersi di un atteggiamento “scettico” sul valore della laurea, metterebbe un altro macigno sulla competitività internazionale del sistema-Italia.
ilsole24ore.com – 6 marzo 2012