Sulla dimensione della dote messa sul tavolo dal Governo (1,6 miliardi in due anni: 2013 e 2014) si potrà anche discutere. Ma in tempi di stretta fiscale come quelli che stiamo attraversando, con la costante necessità di dover rifinanziare gli ammortizzatori sociali ordinari e in deroga, queste risorse assumono un valore aggiunto.
Perché confermare la detassazione del salario legato a obiettivi di efficienza o a risultati dell’impresa significa non perdere il sentiero aperto prima di noi da paesi come la Germania, dove a tutte le parti sociali è chiarissimo che l’intero sistema economico ha bisogno di flessibilità, di produttività e di migliore remunerazione del lavoro. Introdotto sperimentalmente nel triennio 2008-2010, il bonus, nella formula della cedolare al 10% sulle componenti accessorie della retribuzione, potrebbe a questo punto dare il là all’attesissimo accordo tra sindacati e organizzazioni d’impresa sullo sviluppo e la competitività. Quello che deve cambiare il più possibile (e nella maniera più innovativa possibile) a questo punto è il modello di contrattazione. La parte di salario legata alla produttività, da definire a livello aziendale o territoriale, deve arricchirsi di contenuti sostanziali per scongiurare forme elusive (o opportunistiche) di accesso allo sgravio. Il meccanismo, secondo il testo entrato ieri in Consiglio dei ministri, sarà selettivo ed è prevista l’ipotesi di utilizzare queste «spese fiscali» per un taglio del cuneo. Sta alle parti sociali utilizzare fino in fondo questo nuovo bonus con tante intese nei territori, nelle imprese e nelle reti di imprese.
ilsole24ore.com – 11 ottobre 2012