Il riconoscimento del diritto del lavoratore al risarcimento del danno da demansionamento non è automatico: è necessaria una specifica allegazione sulla natura e sulle caratteristiche del pregiudizio subito. Lo ha affermato la Cassazione (sentenza 5237/11).
Il caso
A seguito di una riorganizzazione aziendale, un lavoratore sosteneva di aver subito un demansionamento: la società datrice lo aveva retrocesso da capo turno ad addetto alla sorveglianza. Tuttavia, al termine di una lunga battaglia legale, il lavoratore non vedeva riconosciuto il suo diritto ad ottenere il risarcimento dei danni patiti a seguito della dequalificazione e suddivisi in danno alla vita di relazione; compromissione della capacità di concorrere nei rapporti sociali ed economici; danno da perdita di professionalità; danno patrimoniale diretto per il dimezzarsi della possibilità di accedere ai turni di reperibilità. La Suprema Corte ribadisce che in tema di demansionamento e di dequalificazione, il riconoscimento del diritto del lavoratore al risarcimento del danno professionale, biologico o esistenziale, che asseritamente ne deriva – non ricorrendo automaticamente in tutti i casi di inadempimento datoriale – non può prescindere da una specifica allegazione, nel ricorso introduttivo del giudizio, sulla natura e sulle caratteristiche del pregiudizio medesimo. La Corte territoriale non solo ha rilevato che l’uomo non aveva fornito alcuna prova circa il pregiudizio da demansionamento, ma ha anche ritenuto di poter trarre una presunzione di segno contrario dalla estrema modestia della limitata supremazia esercitata prima del demansionamento. E ciò risulta essere assolutamente in linea con quanto già affermato dalla Suprema Corte: con specifico riferimento al danno non patrimoniale, la gravità dell’offesa costituisce requisito ulteriore per l’ammissione al risarcimento dei danni non patrimoniali alla persona conseguenti alla lesione di diritti costituzionali inviolabili. Pertanto, il diritto deve essere inciso oltre una certa soglia minima, cagionando un pregiudizio serio da essere meritevole di tutela in un sistema che impone un grado minimo di tolleranza. Nel caso in esame, tale livello non risulta essere stato superato.
Lastampa.it – 18 ottobre 2011