L’esame della riforma a Montecitorio è entrato nel vivo ieri con l’arrivo di una ventina di pareri favorevoli ai correttivi dei deputati, e soprattutto con un pacchetto di 10 emendamenti diviso a metà fra Governo e relatori. I testi di ieri non esauriscono la lista delle novità in cantiere, perché l’Esecutivo si tiene per il passaggio al Senato altre cartucce come la riforma del fisco locale che fra le altre cose riconosce ai sindaci la possibilità di introdurre autonomamente forme di tregua fiscale anche quando non ce ne sono in campo per le tasse dello Stato. Questo calendario conferma quindi che la delega si chiuderà con un terzo esame a Montecitorio, che Governo e maggioranza confermano di voler completare prima della pausa estiva anche se i tempi appaiono stretti.
Sul fisco delle persone fisiche, che fra le novità vede anche un piano per adeguare la residenza fiscale al lavoro svolto a distanza, la scelta chiave depositata ieri conferma gli annunci rilanciati nelle scorse settimane dal viceministro all’Economia Maurizio Leo sulla volontà di inserire misure a favore del lavoro dipendente anche per rispondere alle richieste dei sindacati in trincea sulla riforma. La soluzione trovata è quella di «un’imposta sostitutiva dell’Irpef e delle relative addizionali, in misura agevolata sui premi di produttività, sulle retribuzioni corrisposte a titolo di straordinario che eccedono una determinata soglia e per i redditi riconducibili alla tredicesima mensilità».
La delega non offre cifre, in passato si è parlato molto dell’ipotesi 15% ma tutto dipenderà dai margini offerti dai conti pubblici. Lo stesso Leo, uscendo dalla presentazione del Rapporto Upb che non ha offerto troppe speranze sul tema (si veda pagina 6), aveva riconosciuto che «senza le coperture tutta la parte relativa alla revisione delle imposte non si può fare. Cercheremo di trovarle».
Sul punto, in mattinata commissione e Governo sembravano orientati ad andare in direzione opposta a quella indicata dall’Authority sui conti promuovendo un correttivo (prima firma Alberto Bagnai, Lega) che destinava alle riduzioni fiscali «le risorse derivanti dalle attività di accertamento, controllo e verifica nonché dal miglioramento dell’adempimento spontaneo degli obblighi tributari». Il testo ha acceso una discussione vivace, dall’opposizione Luigi Marattin (Iv) ha parlato di emendamento «tecnicamente sbagliato» e di «Governo in confusione», e alla fine il testo è stato riformulato limitandolo alla «possibilità» di destinare al taglio delle tasse le risorse prodotte dalla compliance e «accertate come permanenti», come impongono le regole di finanza pubblica (articolo 1, comma 4, legge 178/2020), e «fermo restando il rispetto degli obiettivi programmatici di finanza pubblica» (cioè: niente riduzioni fiscali in deficit).
Conti pubblici permettendo, l’opera di riduzione della pressione fiscale dovrà avere un occhio di riguardo anche «per i giovani che non hanno compiuto il trentesimo anno di età», come prevede un emendamento a prima firma di Fabio Roscani (Fdi) e alle «famiglie in cui sia presente una persona con disabilità» (correttivo a prima firma Massimiliano Panizzut, Lega). Niente da fare invece per le proposte spinte da M5S e Pd sulla possibilità di trasformare gli sconti fiscali in aiuti diretti a favore di chi avendo redditi troppo bassi è «incapiente» e non può sfruttare le agevolazioni.
A Montecitorio si continua poi a lavorare sulle tasse «minori». Il correttivo che taglia il Superbollo è stato accantonato dopo una riformulazione, mentre un emendamento che potrebbe preoccupare gli enti locali sostituisce con «riduzioni di spesa primaria» le «compensazioni di gettito» che nel testo originario avrebbero dovuto accompagnare l’abolizione delle “microtasse” di Comuni, Province e Regioni.