La misura della retromarcia del governo Conte la rendono i numeri dell’accordo sulla manovra con la Commissione europea, ma anche il rifiuto di Palazzo Chigi, contravvenendo ai patti, di rendere pubblica la lettera firmata dal premier con gli impegni per evitare la procedura sul debito. Tanto che dopo ore di tira e molla, in serata è stata Bruxelles a diffondere missiva e allegati: praticamente una manovra nuova di zecca imposta dall’Europa. Basti pensare che per convincere l’Unione, Conte e Tria hanno quasi raddoppiato le clausole di salvaguardia sull’Iva 2020 e 2021. Un’ipoteca sul futuro del Paese – visti gli importi evitare l’aumento dell’imposta sarà più difficile che in passato per finanziare reddito di cittadinanza e controriforma della Fornero, che partiranno ad aprile.
Nonostante il passo indietro di Roma, a Bruxelles il compito delle colombe guidate da Juncker e Moscovici non è stato facile. I falchi, capeggiati da Dombrovskis e Katainen, irritati dalle concessioni all’Italia nel corso della riunione della Commissione hanno provato a far saltare l’accordo e aprire comunque la procedura. Alla fine è stato lo stesso Juncker a imporsi. Fondamentale per l’intesa la lettera di impegni formali di Conte pretesa dalla Ue.
Ieri in Senato il premier ha affermato: «Abbiamo lavorato senza mai arretrare». E ancora, l’accordo «riduce il deficit dal 2,4 al 2,04% senza modificare contenuti, platea e tempi » di reddito e quota 100. Ma in aula a difendere l’intesa non c’erano né Salvini né Di Maio. Ed è proprio la missiva di Conte a evidenziare l’arretramento dei giallo- verdi. Per evitare la sanzione Ue, il governo ha tagliato 4,6 miliardi dalle due misure bandiera. Altri 4 miliardi sono stati tolti dagli investimenti ( la Commissione aiuterà Roma a recuperarne parte gestendo meglio i fondi Ue). Sommando misure minori, il passo indietro del governo vale 9,3 miliardi di risparmi strutturali. Cifra alla quale si aggiungono altri 2 miliardi destinati sempre a reddito e pensioni congelati a mo’ di clausola di salvaguardia: se a luglio i conti torneranno, potranno essere spesi, altrimenti saranno usati per abbattere il deficit. Non solo, Conte e Tria hanno dovuto ammettere di avere gonfiato i numeri della manovra originaria, con il deficit che sarebbe stato superiore al 2,4% e la crescita, ora stimata all’ 1%, inferiore di mezzo punto ( chi nei mesi scorsi aveva contestato i numeri era stato duramente attaccato).
Il governo ha ottenuto giusto 3.15 miliardi di flessibilità per mettere in sicurezza il territorio e uno sconto dello 0,1%, 1,8 miliardi, sul risanamento strutturale. Grazie a giochi contabili, è riuscito a non scendere sotto la soglia mediatica del 2%. Un accordo simile a quello offerto riservatamente a ottobre dalla Ue che, se accettato allora, avrebbe evitato di mandare in fumo montagne di denaro pubblico e privato sui mercati.
Roma resta comunque osservata speciale, come indicava la missiva con cui Juncker ha risposto a quella di Conte: a gennaio la Commissione verificherà che la manovra approvata in Parlamento (la fiducia al Senato sul testo sarà votata stasera) rispecchi le promesse del premier. Quindi fino a maggio, quando si rifaranno i conti, la sua attuazione sarà costantemente monitorata, con l’infrazione Ue pronta a tornare sul tavolo. Sul via libera Ue hanno pesato l’imminente campagna per le europee, le incertezze dell’economia continentale, della Brexit e del commercio internazionale, alle quali gli europei, pur pretendendo si salvare la faccia alle regole, non volevano aggiungere un caso Italia.
La mannaia Iva a garanzia del reddito rischio stangata da 23 miliardi nel 2020
Più tagli, più tasse e forte ridimensionamento dei fondi delle due misure bandiera, reddito di cittadinanza e “quota 100”. E’ questo l’effetto sulla legge di Bilancio-bis del negoziato con Bruxelles che si ha salvato dalla procedura d’infrazione. I 9 miliardi del reddito di cittadinanza scendono a 7,1 (centri per l’impiego compresi) con un taglio di 1,9 miliardi; le risorse per quota 100 pagano un prezzo più alto, pari a 2,7 miliardi e scendono da 6,7 a 4,7 miliardi.
Complessivamente il taglio delle due misure sale a 4,6 miliardi, riducendo le risorse da 15,7 a circa 11 miliardi.
Ma non è finita. Al bilancio italiano è stato imposto il “congelamento” di un fondo di 2 miliardi non spendibili che, come è stato spiegato da fonti tecniche di Bruxelles, sarà “scavato” nelle rimanenti risorse di circa 11 miliardi destinate a reddito e pensioni: di fatto se a metà del prossimo anno il deficit sforerà gli obiettivi previsti il fondo di “garanzia” non potrà essere speso frenando di conseguenza l’erogazione delle due misure.
La manovra-bis contenuta nel maximendamento atteso ieri notte al Senato incide in modo pesante anche sugli investimenti – una delle carte su cui contava maggiormente il Tesoro per il rilancio. In tutto per il prossimo anno, rispetto alla prima versione della legge di Bilancio, vengono tagliati 3 miliardi tondi, con riduzione di 600 milioni alle Ferrovie, tagli al fondo di sviluppo-coesione e al fondo di cofinanziamento nazionale.
Anche la carta delle dismissioni immobiliari, questa volta rispetto alle indiscrezioni della vigilia, viene ridimensionata a 950 milioni rispetto ai 2 miliardi previsti. I proventi vanno a diminuzione di deficit e debito. Di conseguenza anche l’ambizione, annunciata ufficialmente durante le trattative di ridurre il rapporto debito Pil il prossimo anno dal 130 al 129,2 per cento, non trova riscontro. Il debito, rifatti i conti, quest’anno è già al 131,7 e il prossimo non potrà ridursi e rimarrà inchiodato su questa soglia.
Nel tentativo di trovare risorse si rinuncia ad una serie di agevolazioni fiscali, soprattutto a favore delle imprese e si tenta di rilanciare la web tax. La tassa sui servizi digitali, oggetto di dura polemica nella passata legislatura: sarebbe dovuta partire nel maggio scorso con un provvedimento attuativo dell’Agenzia delle entrate, probabilmente il governo darà disco verde con l’obiettivo di raccogliere la cifra prevista di 160 milioni. Il mondo delle imprese perde il credito d’imposta Irap per le assunzioni nelle regioni del Sud e il credito d’imposta sugli investimenti in beni strumentali.
Perdono la tassazione agevolata anche le parrocchie, case per anziani e cinema: pagavano il 12 invece del 24 per cento: si ricavano 118 milioni. Aumenta la tassazione sui giochi (450 milioni) e si rinvia la presa di servizio degli assunti nello Stato a novembre del 2019.
Una serie di misure che danno l’idea di come si sia raschiato il fondo del barile. Senza contare che nel 2020 e nel 2021 ci sarà lo spettro di un aumento dell’Iva non più di 2 ma almeno di 3-4 punti se non si interverrà con sterilizzazione e conseguenti tagli: è stato concordato infatti un rafforzamento delle clausole di salvaguardia che passano per il 2020 dalla attuale e prevista cifra di 13,7 miliardi a 23,1 miliardi e nel 2021 da 15,6 a 28,7 miliardi. O li troveremo o aumenterà l’Iva.
Il governo comunque va avanti. La legge di Bilancio dovrebbe essere varata stasera con la fiducia a Palazzo Madama. Alla Camera, è ormai probabile che vada tra il 28 e il 30 dicembre. Ma la corsa contro il tempo non riguarda solo la manovra. In Consiglio dei ministri dovranno arrivare presto, almeno negli auspici dei gialloverdi, i due decreti su reddito di cittadinanza e quota 100. Scritti da giorni, ma tenuti top secret. La soglia Isee di accesso per avere il reddito di cittadinanza sarà di 9.360 euro.
Per l’erogazione, i 5 stelle si sono rivolti ai Caf e a Poste italiane. La somma a disposizione degli aventi diritto cambierà a seconda della variabile casa: sarà più bassa per chi vive in un immobile di proprietà, più alta per chi paga un affitto o un mutuo. Nel caso affitti o usufrutti, poi, nel sistema attraverso il quale servirà iscriversi bisognerà inserire il numero del contratto, per facilitare le verifiche. Non è prevista la possibilità di fare risparmi, che il governo considera impossibili se si è davvero in condizione di povertà: la somma a disposizione, se non spesa, sarà annullata ogni sei mesi.
Repubblica