Stefano Simonetti. Il 30 aprile è stata pubblicata sulla Gazzetta ufficiale SO n. 19/ la legge 29 aprile, n. 56 di conversione del decreto 19/2024, il cosiddetto “Pnrr-quater”, entrata in vigore il 1 maggio. Alla fine del testo del decreto originale sono stati aggiunti alcuni articoli che costituiscono una ennesima puntata agli interventi spot sulla Sanità pubblica e – come sempre avviene da anni – i risultati sono aleatori, disorganici e, a volte, incomprensibili. Preliminarmente non si può non ribadire che si tratta di una ulteriore operazione congiunturale che tocca alcuni punti particolarissimi lasciando la materia delle risorse umane, nella sua interezza, con le criticità precedenti.
Qualche esempio del recente passato? La carenza di medici e infermieri, rispetto alla quale il legislatore prova in continuazione a fornire soluzioni ponte o alternative al concorso pubblico. La questione dei “gettonisti”, affrontata in modo parziale e molto edulcorato con l’art. 10 della legge 56/2023. Le violenze nei confronti del personale, oggetto inizialmente della legge 113/2020, tanto inconsistente da avere necessità di almeno due integrazioni (art. 16 della legge 56/2023 e art. 1 del d.lgs. 31/2024). Il trattenimento in servizio oltre i limiti di età, istituto modificato decine di volte con norme spesso illeggibili o di dubbia utilità, fino al recente intervento sui 72 anni. E poi, naturalmente, i tetti di spesa e i vincoli finanziari che a decorrere dalla legge 311/2004 hanno subito disposizioni vessatorie con almeno sei successive ulteriori leggi che hanno introdotto o confermato le disposizioni limitative.
Tutte le tematiche ricordate sono state gestite in modo estemporaneo, alla bisogna e mai con un approccio sistemico di largo respiro e soluzioni strutturali. Viene sempre fatto ricorso alla decretazione d’urgenza, utilizzando la funesta tecnica della novellazione a pettine che genera grandi difficoltà di lettura e coordinamento e con la quale, tra l’altro, si perde molto spesso addirittura la linearità e la coerenza del testo normativo. Gli aspetti negativi di questa tecnica, a titolo di esempio, si possono vedere in tutta la loro macchinosità nell’art. 9, comma 28, novellato. Si tratta di un comma lunghissimo di ben 18 periodi e conta 877 parole. Al di là delle dimensioni impresentabili, vengono aggiunti due periodi di stringente attualità – si fa riferimento al triennio 2024-2026 – in una norma di 14 anni fa adottata in via congiunturale e in un contesto del tutto diverso. Da troppi anni l’azione governativa sui problemi del personale risulta frammentaria e “situazionista”; quello che manca veramente è una visione complessiva delle risorse umane della Sanità pubblica, al netto – ma questo è scontato – della questione retributiva.
L’aggancio ’di fortuna’ al Pnrr. Sul piano strettamente istituzionale, è la centesima volta che in sede di conversione di un decreto legge si aggiungono decine di norme avulse dall’oggetto della decretazione d’urgenza originaria, in spregio all’art. 77, comma 2, della Costituzione e alle costanti indicazioni della Consulta. Ma sono anni e anni che in Italia si legifera in questo modo e il fenomeno è, evidentemente, irreversibile. Nel caso che ci occupa oggi il titolo del decreto legge del 2 marzo 2024 era “ulteriori disposizioni urgenti per l’attuazione del Pnrr” ed è arduo riconoscere nei contenuti degli articoli 44 bis, ter, quater e quinquies una attinenza con il Piano in questione. La declinazione ripetuta due volte “al fine di garantire il pieno raggiungimento degli obiettivi della Missione 6 del Pnrr” appare una petizione di principio o esercizio di natura meramente formalistica. Curiosamente per l’art. 44-bis non si ricorre a tale formulazione ma alla meno impegnativa “assicurare il rispetto delle scadenze relative ai progetti compresi nella Missione 6”, finalità complementare al miglioramento dell’efficienza dei policlinici.
Vediamo allora la connessione con questo benedetto Pnrr. La Missione 6 prevede tutti interventi a titolarità del Ministero della Salute, suddivisi in due componenti: M6C1 – Reti di prossimità, strutture e telemedicina per l’assistenza sanitaria territoriale e M6C2 – Innovazione, ricerca e digitalizzazione del Servizio Sanitario. Cosa c’entrino i policlinici e gli specializzandi con questi obiettivi è difficile da comprendere. È pur vero che gli interventi attuati erano probabilmente necessari e il Governo ha approfittato di un decreto in conversione come – ripeto, per evitare equivoci – viene costantemente e impropriamente fatto da venti e più anni. Tuttavia, una prassi consolidata non può trovare una piena legittimazione solo in base al fatto che si è sempre fatto così e che l’iter delle leggi ordinarie è di fatto impraticabile. Un’ultima considerazione in ordine al nesso degli emendamenti approvati con “il pieno raggiungimento degli obiettivi della Missione 6 del Pnrr”. Possibile che tutti gli interventi del legislatore riguardino solo personale sanitario? Per l’implementazione della telemedicina e la digitalizzazione del Servizio sanitario non viene fatto un solo cenno ad ingegneri o a tecnici informatici, a conferma della pretestuosità del richiamo alla Missione 6.
Il dettaglio degli articoli per la sanità. Detto questo in termini generali, proviamo a esaminare il dettaglio di questi quattro articoli o, meglio, di tre perché sull’art. 44-quinquies si è già detto troppo e la norma è talmente surreale che è preferibile parlare del resto.
Articolo 44-bis => destinatarie della norma sono le aziende ospedaliere costituite in seguito alla trasformazione dei policlinici universitari a gestione diretta, denominate aziende ospedaliere universitarie integrate con il Servizio sanitario nazionale, rispetto alle quali qualche precisazione è necessaria. Sono soltanto nove in tutta Italia su 36 aziende ospedaliero-universitarie e sul totale di 224 aziende ed enti del Ssn (numero al netto di Rsa e Asp). Risalgono al decreto “Bindi-Zecchino”, citato nella norma, e costituiscono il 4% delle strutture sanitarie pubbliche. Nella seconda modificazione introdotta si rileva la seguente frase “nella forma ivi prevista dopo il periodo di sperimentazione”: ebbene questa sperimentazione doveva durare quattro anni e sono venticinque anni esatti che quelle strutture sono rimaste le stesse. Intanto può essere interessante ricordare quali sono: una nel Lazio (Aou Policlinico Umberto I di Roma), due in Campania (Aou Federico II e Aou Luigi Vanvitelli Unicam di Napoli), una in Puglia (Aou Consorziale Policlinico di Bari Giovanni XXIII), tre in Sicilia (Aou Gaetano Martino di Messina, AOU Policlinico Paolo Giaccone di Palermo, Aou Policlinico Gaspare Rodilico – San Marco di Catania) e, infine, due in Sardegna (Aou di Cagliari e di Sassari). Una ulteriore segnalazione di interesse riguarda il contesto del recente Ccnq del 22 febbraio 2024. Nel testo firmato nulla è mutato rispetto al precedente Ccnq del 10 agosto 2022, anche se una variazione sostanziale che poteva essere attuata era quella relativa proprio alle aziende ove prevale l’aspetto didattico, cioè le nove “aziende ospedaliere universitarie integrate con il Servizio sanitario nazionale” (appunto, i vecchi Policlinici a gestione diretta), da sempre nel comparto Istruzione e ricerca (art. 5) mentre quelle dove prevale l’aspetto assistenziale – le “aziende ospedaliere integrate con l’università” – sono rimaste ovviamente da sempre nel comparto della Sanità (art. 6). In merito, si era profilata l’idea di unificare tutte le aziende ospedaliere nella Sanità ma, come si è visto, non si realizzato nulla di ciò. Quali sono in buona sostanza le modifiche apportate ? Si tratta nella lettera a) del ricorso ai contratti a tempo determinato che fino ad oggi potevano essere stipulati “nel limite del 2 per cento dell’organico” mentre adesso viene fatto un generico rinvio alle disposizioni vigenti in materia di spesa per il personale; la norma non specifica quali esse siano, ma si dovrebbe intendere quelle per il personale del S.s.n. La precisazione non è inutile perché, come detto, gli ex policlinici a gestione diretta non fanno parte del comparto del S.s.n. Anche nella lettera b) c’è qualcosa che non torna, perché quella sorta di sanatoria delle assunzioni – “conserva” – effettuate in passato è condizionata al rispetto delle norme del “decreto Calabria” del 2019: l’estensore dell’emendamento è così sicuro che l’art. 11 della legge 60/2019 si applichi agli ex policlinici universitari i quali non hanno alle proprie dipendenze “personale degli enti del Servizio sanitario nazionale ? Tra l’altro queste aziende sono situate in cinque sole Regioni del centro sud delle quali quattro sono attualmente in Piano di rientro. Altri dubbi concernono l’applicazione del Ccnl dell’Area della Sanità di cui alla lettera D) dell’art. 7 del Ccnl del 22.2.2024 a dipendenti che dovrebbero far parte a tutti gli effetti dell’Area dell’Istruzione e della Ricerca, lettera C) della clausola medesima.
Articolo 44-ter => viene parzialmente superato il limite ancora ad oggi vigente, pari al “50 per cento della spesa sostenuta per le stesse finalità nell’anno 2009” per assumere medici e professionisti sanitari e sociosanitari con contratti di lavoro subordinato a tempo determinato, ovvero mediante convenzioni o con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, nonché nelle ipotesi di reclutamento di personale mediante contratti di formazione lavoro, o altri rapporti formativi, o con contratti di somministrazione di lavoro. Ho specificato “parzialmente” perché il limite è stato soppresso ma solo per il “personale della dirigenza medica e al personale non dirigenziale appartenente ai profili sanita¬rio e socio-sanitario”: alla luce della irrazionale declinazione sono quindi esclusi veterinari, odontoiatri, biologi, chimici, fisici, farmacisti e psicologi. Riguardo invece alla totalità del personale il limite viene rimodulato per la durata di tre anni, passando dalla metà al doppio di quanto speso nel 2009 per la stessa finalità. Non tutto è chiaro: ad esempio, il computo dello spendibile fino al 2026 dovrebbe essere al netto del personale indicato nella lettera a). Ma se è così, sembra che l’estensione sia davvero notevole se riguarda esclusivamente i dirigenti sanitari non medici e il personale tecnico e amministrativo. È certo, invece, che le decisioni di merito saranno in mano alle singole Regioni, come peraltro già avveniva riguardo alla quota media 2018, ai sensi dell’art. 11 della legge 60/2019. A tale ultimo proposito, va ricordato che non tutte le Regioni applicano il decreto Calabria. La norma su cui è intervenuto l’emendamento è il cosiddetto “decreto Tremonti” che, con l’art. 9, forte di ben 40 commi, intervenne nel 2010 con effetti devastanti in una infinità di aspetti, dal blocco della contrattazione collettiva agli incarichi, dal congelamento dei fondi ai tetti sul lavoro flessibile. Dal testo originario del decreto sono via via scomparse molte norme invasive ma, ad oggi, sono ancora in vigore, ormai in modo strutturale, solamente i commi 28 e 32.
Articolo 44-quater => questa è la norma che ha ottenuto i maggiori consensi da parte di sindacati, ordini professionali e associazioni specifiche; ben altra accoglienza ha invece avuto da parte degli organismi di vertice delle università. Significativa l’abolizione del vincolo dei 18 mesi come durata massima del rapporto di lavoro di uno specializzando. Il contratto avrà durata pari alla durata residua del corso di formazione specialistica e potrà essere prorogato fino al conseguimento del titolo di formazione specialistica, anche se la struttura nella quale lo specializzando svolge l’attività lavorativa non appartiene alla rete formativa della scuola di specializzazione cui lo specializzando stesso è iscritto, ma alla rete formativa di un’altra scuola di specializzazione per la disciplina di interesse. Si diceva dell’apprezzamento con cui è stato accolto l’emendamento ma, francamente, il Parlamento è arrivato tardi perché il superamento del vincolo temporale era già stato disciplinato dall’art. 86, comma 2, lettera h), del Ccnl del 23.1.2024. Con questo comma si dovrebbe pervenire alla completa liberalizzazione per l’assunzione degli specializzandi rafforzando le disposizioni del decreto Calabria, anche se è stato inserito il termine finale del 31 dicembre 2026. Infine, gli incarichi libero-professionali per i neo laureati inizialmente previsti dalla legge 56/2023 solo per i servizi di emergenza urgenza, vengono estesi a tutti i servizi sanitari.
I limiti degli interventi sul tempo indeterminato. In merito a tutti e tre gli interventi sulla utilizzazione dei contratti a tempo determinato, si rileva una certa contraddizione di fondo perché certamente un allargamento numerico o finanziario del lavoro a termine è difficile che possa consentire maggiore “efficienza” e serve solo a tappare buchi precarizzando ancora di più il personale. E in tale ottica le stabilizzazioni degli anni scorsi sembravano dover essere le ultime, visto che l’art. 20 del decreto Madia del 2017 ha per titolo “Superamento del precariato nelle pubbliche amministrazioni”: il ricorso al lavoro flessibile e ai contratti libero professionali negli ultimi due/tre anni è aumentato in modo considerevole, altro che “superamento” ! Anche in riferimento agli specializzandi la tematica è sempre quella del contratto a tempo determinato e una buona volta si dovrà riuscire a trovare una soluzione definitiva per il percorso post lauream e il successivo conseguente ingresso nelle aziende ed enti del Ssn.
Gli errori contenuti nella legge. Come consolidata tradizione, anche in questa legge si possono individuare errori ed improprietà. Alla fine dell’art. 44-bis viene citata tra parentesi la “ex area IV del Servizio sanitario nazionale” ma poiché in precedenza nel comma si parlava di “personale medico, veterinario e sanitario” sarebbe stato più corretto richiamare anche la ex area III, quella appunto nella quale in passato erano collocati i dirigenti sanitari non medici, ai sensi dell’art. 2 del CCNQ dell’1.2.2008, all’epoca vigente. Nell’art. 44-ter per tre volte si indicano gli “enti del Servizio sanitario nazionale”, dizione inesatta e limitativa, rilevabile molto spesso al posto di “le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale”, come prescrive l’art. 1, comma 2, del d.lgs. 165/2001; e se proprio si vuole ricorrere ad una locuzione di sintesi, ignorare le aziende sanitarie che sono la stragrande maggioranza del S.s.n. appare piuttosto singolare. Sempre nel 44-ter, come già detto, si rileva nella lettera a) la “dimenticanza” dei dirigenti sanitari non medici. Se si tratta di un mero refuso, siamo ormai abituati a questi incidenti, basti ricordare l’art. 30-bis del decreto legge n. 104 del 14.8.2020 che ignorava i veterinari. Se, invece, l’omissione è intenzionale allora la gravità o l’irragionevolezza è ben diversa. Qualche perplessità induce, infine, la concordanza nella frase “profili sanitario e socio-sanitario”
Il Sole 24 Ore sanita