Dopo le critiche rivolte da tutti i partiti della maggioranza della commissione Lavoro del Senato (con l’astensione del M5 stelle) al Dl 101 dello scorso 31 agosto, il cosiddetto “salva precari”, Scelta Civica sollecita modifiche sostanziali al testo che riserva il 50% dei posti nei concorsi della Pa a lavoratori con contratto a tempo determinato con almeno 3 anni di servizio negli ultimi 5 anni e agli idonei collocati nelle graduatorie. Il ministro D’Alia difende la misura: «Vogliamo porre fine a un fenomeno che ha reso ancora più inefficiente la pubblica amministrazione. Il giudizio degli esponenti di Scelta Civica appare affrettato e superficiale. Siamo in emergenza, occorre dare una risposta equa e definitiva ai contrattisti senza dileggiarli».
Gli emendamenti presentati da Linda Lanzillotta e Pietro Ichino si pongono l’obiettivo di «evitare la sanatoria dei precari e la stabilizzazione dei dipendenti delle società pubbliche», nella convinzione che «alcuni contenuti del decreto, se accolti, ci porterebbero indietro rispetto alla spending review e al processo di riqualificazione avviato dal governo Monti». Difendono l’impianto del decreto il ministro della Pa, Gianpiero D’Alia («siamo in emergenza, diamo una risposta equa e definitiva ai contrattisti»), e il relatore Giorgio Pagliari (Pd) sostenendo che «nei fatti non è una sanatoria perchè non garantisce niente a nessuno». Per motivi opposti arrivano le critiche dei sindacati della Pa: «il decreto è troppo debole» dicono, perchè «restringe la platea degli aventi diritto e non tiene conto delle difficili condizioni degli enti pubblici, rischiando di produrre risultati molto deludenti».
Vediamo, più nel dettaglio, i cinque punti chiave su cui intervengono gli emendamenti di Scelta civica. Il primo propone l’immissione in ruolo di quanti hanno già operato nella Pa sulla base di procedure concorsuali aperte a tutti e con il riconoscimento di un punteggio di favore a chi è già in servizio, al posto dei concorsi riservati considerati come «una stabilizzazione generalizzata dei precari che precluderebbe l’accesso di giovani meritevoli». Con altri emendamenti si dice «no ad un’ulteriore proroga di graduatorie aperte da anni che farebbero entrare nella Pa persone dequalificate», si propone il «ricorso alla mobilità per assorbire gli esuberi e colmare i vuoti d’organico prima di procedere a nuove assunzioni». Il «no» riguarda anche la «pubblicizzazione e stabilizzazione del personale delle società di stato, delle regioni e degli enti locali che versano in condizioni fallimentari o devono essere sciolte per legge», perchè «verrebbero assorbiti migliaia di dipendenti quasi sempre assunti con metodi clientelari, senza nessuna selezione». Infine «no alla soppressione per decreto e senza comprensibili ragioni della Civit», organismo «indipendente preposto alla valutazione dei dirigenti delle amministrazioni, alla trasparenza e alla prevenzione della corruzione».
Nella replica il ministro D’Alia giudica «affrettato e superficiale» il giudizio espresso dai due senatori di Sc, difendendo le ragioni del Dl. «Abbiamo dato la possibilità per chi ha maturato una professionalità specifica nella Pa di almeno tre anni di partecipare a un concorso di secondo livello, a copertura di un numero limitato di posti e senza spendere un euro in più rispetto a quanto già stanziato per le assunzioni – spiega il ministro – dall’altra aprendo concorsi liberi a tutti ma tenendo conto di quei vincitori delle precedenti selezioni vittime di ingiustizia perché non ancora assunti, che non c’è nessun motivo per definire “dequalificati”». In questo modo, aggiunge D’Alia «vogliamo porre fine una volta per tutte a un fenomeno che, unitamente ai tagli indiscriminati di cui è stata vittima la Pa negli ultimi dieci anni, ha reso ancor più inefficiente e demotivata l’azione del settore pubblico». D’Alia ricorda anche che appena insediato il governo si è trovato di fronte a un’emergenza, la scadenza al 31 luglio dei contratti a termine nella Pa, che interessa una platea potenziale di circa 120mila persone: «Abbiamo fatto un’ulteriore e ultima proroga a fine anno – aggiunge – ma ora la decisione che abbiamo davanti è mandare a casa tutti dal 1? gennaio o introdurre meccanismi virtuosi di riqualificazione e selezione della parte migliore di questi dipendenti».
Il Sole 24 Ore – 21 settembre 2013