L’obbligo fu introdotto a luglio del 2017 a seguito di un’epidemia di morbillo. Nel 2018-2018, per il 49,5% (n. 3.998) dei casi di morbillo è stato necessario ricorrere a un ricovero ospedaliero (44,9% nel 2017 e 58,7% nel 2018), mentre per il 19,8% (n. 1.601) ad un accesso in pronto soccorso. Come si pensa quindi di abbattere le liste d’attesa abbassando la guardia su malattie che, negli anni passati, hanno portato a migliaia di ricoveri e accessi al pronto soccorso evitabili con un vaccino?
L’emendamento Borghi (Lega) al Decreto liste d’attesa sembra una proposta estranea alla logica prima ancora che alla materia. Il testo, ricordiamo, punta a modificare la legge Lorenzin facendo decadere l’obbligo, previsto per i minori tra i zero e i sedici anni, delle vaccinazioni anti-morbillo, anti-rosolia, anti-parotite e anti-varicella. Già oggi la norma statale prevede che l’obbligatorietà per queste quattro vaccinazioni sia soggetta a revisione ogni tre anni in base ai dati epidemiologici e delle coperture vaccinali raggiunte.
Alla luce di questo, l’emendamento è estraneo alla logica per diversi motivi. Innanzitutto sotto il profilo epidemiologico oggi ci troviamo ad un incremento dei casi di morbillo a livello europeo. Come riportato dall’Ecdc, al 1 aprile 2023 al 31 marzo 2024, 30 Stati membri dell’UE/SEE hanno segnalato un totale di 6.319 casi di morbillo. Nello scorso mese di marzo il numero più alto di casi è stato segnalato da Romania (174), Austria (150), Italia (109), Francia (56) e Belgio (44). In particolare, in Italia, negli ultimi 12 mesi si sono verificati casi in continua crescita (14 a dicembre, 34 a gennaio, 95 a febbraio e a109 a marzo), 254 in totale a marzo 2024. L’efficacia del vaccino è nota, soffermandoci all’Italia, in base al bollettino dell’Istituto superiore di sanità nel 2023 il 93% di casi totali era non vaccinato.
Resta poi l’assurdo logico di inserire questa misura all’interno del Decreto liste d’attesa, vediamo perché. L’obbligo fu introdotto a luglio del 2017 a seguito di un’epidemia di morbillo. Da inizio 2017 a fine 2018 sono stati segnalati in Italia 8.078 casi di morbillo, di cui 5.397 nel 2017 e 2.681 nel 2018 con un’incidenza pari a 89,1 e 44,3 casi per milione di abitanti, rispettivamente. Lo stato vaccinale era riportato per il 90,4% dei casi. Di questi, l’88,8% non era vaccinato, il 6,7% aveva ricevuto una dose di vaccino, l’1,5% due dosi e il restante 3,0% non sapeva riferire il numero di dosi ricevute.
Per il 49,5% (n. 3.998) dei casi di morbillo è stato necessario ricorrere a un ricovero ospedaliero (44,9% nel 2017 e 58,7% nel 2018), mentre per il 19,8% (n. 1.601) ad un un accesso in pronto soccorso. Nel periodo in studio, il 37,9% dei casi (n. 3.060) ha riportato almeno una complicanza (n. 1.841, 34,1% nel 2017; n. 1219, 45,5% nel 2018).
Come si pensa quindi di abbattere le liste d’attesa abbassando la guardia su malattie che, negli anni passati, hanno portato a migliaia di ricoveri e accessi al pronto soccorso evitabili con un vaccino? Sotto questo profilo, infatti, l’obbligo ha funzionato: le copertura vaccinali contro il morbillo sono passate dal 87,26% del 2016 al 94,40% del 2022, arrivando alla soglia del target del 95% indicato dall’Oms.
Si possono raggiungere gli stessi dati senza il ricorso all’obbligo? Sì, lo dimostrano i dati di altri Paesi europei. Ma la storia recente dell’Italia ci dice il contrario visto il netto incremento delle coperture arrivato solo dopo l’inserimento dell’obbligo. Viene poi da sorridere se a proporre l’abolizione di questo obbligo è lo stesso senatore che definisce “troppi” gli attuali vaccini inseriti nel Piano nazionale. Viene da sé che raggiunge gli obiettivi target delle coperture vaccinali Oms risulterebbe quantomeno complicato senza obbligo e con una propaganda che pone dubbi sul loro numero e sulla loro sicurezza.
Insomma, dati alla mano, una proposta priva di logica prima ancora che estranea alla materia in base all’obiettivo trattato dal decreto all’esame del Senato.
Giovanni Rodriquez