Un’integrativa molto speciale e, soprattutto, limitata e un po’ criptica, quella che è prevista dal testo del decreto legge (articolo 9) che sta per essere pubblicato in «Gazzetta ufficiale».
Viene, innanzitutto, stabilito che i contribuenti possono correggere errori od omissioni e integrare, entro il 31 maggio 2019, le dichiarazioni che sono state presentate entro il 31 ottobre 2017 (occorre, quindi, che la dichiarazione sia stata presentata) ai fini delle imposte sui redditi e relative addizionali, delle imposte sostitutive delle imposte sui redditi, delle ritenute e dei contributi previdenziali, dell’Irap e dell’Iva. Viene tolto, rispetto alle prime bozze – almeno nel comma 1, non però nel comma – ogni riferimento all’Ivie e all’Ivafe.
Viene, poi, stabilito che l’integrazione degli imponibili è ammessa, «nel limite di 100mila euro di imponibile annuo, ai fini delle imposte di cui al precedente periodo e comunque di non oltre il 30 per cento di quanto dichiarato». Fin qui la norma è comprensibile. Poi, però, si aggiunge: «Resta fermo il limite complessivo di 100mila euro di imponibile annuo per cui è possibile l’integrazione». Il che vuol dire che il plafond massimo è comunque di 100mila euro, sommando gli imponibili dei vari tributi.
In sostanza, il primo periodo si riferisce al limite di 100mila euro per ogni tributo mentre il secondo periodo detta uno sbarramento facendo riferimento a tutti i tributi. Occorre, però, rilevare che la norma stabilisce ancora che «in caso di dichiarazione di un imponibile minore di 100mila euro, l’integrazione degli imponibili è comunque ammessa sino a 30mila euro». Il che dovrebbe volere significare che, per chi ha dichiarato originariamente un imponibile per singolo tributo inferiore a 100mila euro, l’integrazione è comunque ammessa sino a 30mila euro, con il plafond complessivo, in ogni caso, di 100mila euro annuo per tutti i tributi. Non proprio l’emblema della comprensione.
La norma conferma che, su quanto integrato, si applica un’imposta sostitutiva del 20% che si applica sul maggiore imponibile Irpef o Ires. L’imposta sostitutiva si riferisce – specifica la norma – alle imposte sui redditi e relative addizionali, alle imposte sostitutive delle imposte sui redditi, ai contributi previdenziali, all’Ivie, all’Ivafe e all’Irap. Sulle maggiori ritenute si applica un’imposta sostitutiva del 20%, mentre per l’Iva si applica l’aliquota media sui maggiori imponibili. Nel caso in cui non sia possibile determinare l’aliquota media, la norma dice che si applica l’aliquota ordinaria Iva. Anche in questo caso, non si comprende bene la logica: perché considerare un’aliquota media quando ad essere integrati sono degli imponibili ben individuabili? Se, ad esempio, non è stato dichiarato un imponibile di 10mila euro, si applicherà l’aliquota o l’esenzione di ciò che si integra.
La norma prevede la presentazione di una dichiarazione integrativa speciale e il versamento delle maggiori imposte senza possibilità di compensazione. Anche qui vi è un ulteriore disallineamento: chi versa in unica soluzione deve pagare entro il 31 luglio 2019, mentre per chi paga ratealmente (dieci rate semestrali) il versamento della prima rata deve avvenire entro il 30 settembre 2019.
La norma prevede che non può presentare l’integrativa speciale chi non ha presentato le dichiarazioni anche per uno solo degli anni d’imposta dal 2013 al 2016. Inoltre, risulta ostativo il fatto di avere avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento (o procedimenti penali) per i periodi oggetto dell’integrazione speciale.
IL SOLE 24 ORE
Dario Deotto
Viene, poi, stabilito che l’integrazione degli imponibili è ammessa, «nel limite di 100mila euro di imponibile annuo, ai fini delle imposte di cui al precedente periodo e comunque di non oltre il 30 per cento di quanto dichiarato». Fin qui la norma è comprensibile. Poi, però, si aggiunge: «Resta fermo il limite complessivo di 100mila euro di imponibile annuo per cui è possibile l’integrazione». Il che vuol dire che il plafond massimo è comunque di 100mila euro, sommando gli imponibili dei vari tributi.
In sostanza, il primo periodo si riferisce al limite di 100mila euro per ogni tributo mentre il secondo periodo detta uno sbarramento facendo riferimento a tutti i tributi. Occorre, però, rilevare che la norma stabilisce ancora che «in caso di dichiarazione di un imponibile minore di 100mila euro, l’integrazione degli imponibili è comunque ammessa sino a 30mila euro». Il che dovrebbe volere significare che, per chi ha dichiarato originariamente un imponibile per singolo tributo inferiore a 100mila euro, l’integrazione è comunque ammessa sino a 30mila euro, con il plafond complessivo, in ogni caso, di 100mila euro annuo per tutti i tributi. Non proprio l’emblema della comprensione.
La norma conferma che, su quanto integrato, si applica un’imposta sostitutiva del 20% che si applica sul maggiore imponibile Irpef o Ires. L’imposta sostitutiva si riferisce – specifica la norma – alle imposte sui redditi e relative addizionali, alle imposte sostitutive delle imposte sui redditi, ai contributi previdenziali, all’Ivie, all’Ivafe e all’Irap. Sulle maggiori ritenute si applica un’imposta sostitutiva del 20%, mentre per l’Iva si applica l’aliquota media sui maggiori imponibili. Nel caso in cui non sia possibile determinare l’aliquota media, la norma dice che si applica l’aliquota ordinaria Iva. Anche in questo caso, non si comprende bene la logica: perché considerare un’aliquota media quando ad essere integrati sono degli imponibili ben individuabili? Se, ad esempio, non è stato dichiarato un imponibile di 10mila euro, si applicherà l’aliquota o l’esenzione di ciò che si integra.
La norma prevede la presentazione di una dichiarazione integrativa speciale e il versamento delle maggiori imposte senza possibilità di compensazione. Anche qui vi è un ulteriore disallineamento: chi versa in unica soluzione deve pagare entro il 31 luglio 2019, mentre per chi paga ratealmente (dieci rate semestrali) il versamento della prima rata deve avvenire entro il 30 settembre 2019.
La norma prevede che non può presentare l’integrativa speciale chi non ha presentato le dichiarazioni anche per uno solo degli anni d’imposta dal 2013 al 2016. Inoltre, risulta ostativo il fatto di avere avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento (o procedimenti penali) per i periodi oggetto dell’integrazione speciale.
IL SOLE 24 ORE
Dario Deotto