Dietro i propositi condivisibili di semplificare il rapporto medico-paziente per offrire buone cure con meno sprechi, il ministro Balduzzi entra nel campo minato della Sanità con un pacchetto corposo e forse un po’ velleitario.
Si intrecciano farmaci, regole, tariffe e divieti: è un patto sulla salute che tocca livelli di assistenza e stili di vita ma deve ancora fare i conti con lobbies parlamentari e categorie interessate.
C’è del buono nei provvedimenti allineati sul tavolo del consiglio dei ministri e il senso della svolta si legge con la copertura dell’assistenza sul territorio sette giorni su sette attraverso una nuova organizzazione dei medici di base e con l’intervento sul gioco d’azzardo, attraverso i limiti imposti alle macchinette mangiasoldi. Positivo è il segnale di sbarramento contro la lottizzazione nelle nomine dei dirigenti della sanità e dei primari di struttura complessa: sarà difficile vederne l’applicazione concreta da parte delle Regioni che in questi anni hanno scelto più in base all’ appartenenza che alla competenza, ma almeno si tenta di rendere più difficile il mercato delle tessere per riconoscere quel merito che da noi, spesso, non ha cittadinanza.
Un più alto livello di tutela della salute è anche un asset produttivo per il Paese, ha detto il premier Monti. È vero. Il sistema italiano è una macchina a due facce: tante eccellenze e tanti sprechi. Questi ultimi vanno ridotti, se si vuole essere competitivi ed efficienti. Semplificare il rapporto medico paziente liberandolo da un’opprimente burocrazia per rimettere al centro la persona è un passaggio che può cambiare in meglio la vita di tanti cittadini, evitando lo scollamento tra ospedale e territorio e alleggerendo il peso che attualmente grava eccessivamente sui pronto soccorso. Riuniti in comunità con obiettivi e metodi comuni i medici di famiglia potrebbero riconquistare quel ruolo e quello spazio che nella sanità di oggi non hanno più, a causa della deresponsabilizzazione lenta e progressiva che ha svuotato la funzione del ruolo più importante: quello di essere il vero alleato del paziente.
Non sarà facile il percorso del decreto legge, come non sarà facile mettere alla prova le Regioni che questi provvedimenti dovranno rendere operativi sul campo. Ci sono gli incentivi? C’è la capacità di avviare innovative sperimentazioni nelle città e nelle province? Se il sistema che si è interposto tra medico e paziente va cambiato, come sta cambiando in tutta Europa, quali saranno gli strumenti attuativi che i governatori e i loro assessori alla Sanità riusciranno ad applicare per dare garanzie ai medici che si associano?
Il patto per la salute, al di là della confusione iniziale, metterà tutti alla prova, dal territorio all’ospedale, dove la libera professione medica dovrà trovare gli spazi che oggi non ci sono. Porterà i defibrillatori nei luoghi dove è possibile salvare qualche vita con un tempestivo massaggio cardiaco, ma si dovranno prevedere le persone in grado di utilizzarlo. Informerà meglio i cittadini sui rischi per la salute, ma si dovrà tenere alto il livello dei controlli per non lasciare tutto all’ effetto annuncio. Come la tassa sulle bibite gassate, un paternalismo da Stato etico, un balzello mascherato più che un passaggio importante nell’educazione alimentare, stoppata prima e dopo il consiglio dei ministri. Il problema dell’alimentazione corretta va affrontato in una prospettiva più ampia che deve coinvolgere scuola e famiglia. Ne riparlerà qualcun altro, forse. Allentare la morsa della politica, migliorare l’assistenza sul territorio, garantire farmaci utili sono già una rivoluzione per un governo d’emergenza.
Giangiacomo Schiavi – gschiavi@rcs.it – Corriere.it – 10 settembre 2012