Perché l’Italia è in declino da almeno dieci anni e cresce meno dei suoi concorrenti più vicini, Germania e Francia, i due partner con cui occorre paragonarsi per dimensioni e popolazione? II Bel Paese soffre di dieci piccoli problemi che sommati diventano un macigno e ne rallentano il percorso.
Sotto accusa ci sono infrastrutture, istruzione, mentalità, sistema decisionale e politico, debolezza industria, ricerca e sviluppo, concorrenza nei servizi, eredità del debito pubblico, burocrazia. Insomma, la competitività del paese arranca, e questo si vede nel nostro calo delle quote di export. Vediamo di fare chiarezza in breve.
1) DEBITO
Il primo problema è il debito pubblico, pari al 116% del Pil. Le cause affondano nel decennio degli anni della “Milano da bere” del “deficit spending” facile dove con un crescita buona si innestò sciaguratamente anche il turbo della spesa pubblica, facendo così gonfiare più di ogni altro nostro partner Ue, il fardello del debito pubblico. La notizia recente, che in un decreto minore si è deciso di ripristinare di nascosto i tagli alla politica locale facendo tornare le indennità per i consiglieri circoscrizionali abolite un anno fa dal ministro dell’economia Giulio Tremonti, fa capire come sia diffcile recuperare il terreno perduto. Il costo del debito pubblico intanto costa 50 miliardi di euro di interessi all’anno, soldi che mancano all’economia reale come l’ossigeno nei polmoni.
2) RICERCA
Uno dei maggiori successi del paese fu la scoperta di Giulio Natta, ultimo Nobel italiano nel 1963 per la chimica, dei polimeri. Alcuni di questi polimeri vennero commercializzati dalla Montecatini con brevetti commercialiali di Moplen (prodotti di plastica) e Meraklon (fibra tessile). Natta, si laureò in ingegneria chimica al Politecnico di Milano nel 1924, a soli 21 anni. Nel 1925 Natta accettò una borsa di studio a Friburgo entrando in contatto con il prof. Hermann Staudinger che si occupava di macromolecole. Natta tornato a Milano proseguì gli studi sulla struttura cristallina di polimeri. Fu professore al Politecnico (1925-1932) all’Università di Milano (1929-1933), a Pavia nel 1933 e poi all’Università La Sapienza di Roma. Nel 1937 ricoprì la cattedra di chimica industriale al Politecnico di Torino. Cosa insegna la vicenda di Natta? Che una buona e selettiva università collegata al mondo delle imprese fa da volano per l’industria del paese. Oggi la chimica italiana è l’ombra di quello che era un tempo, proprio perchè quel legame si è rotto, occorre ripristinarlo.
3) L’ALTA VELOCITA’
Il costo del lavoro assorbe anche il costo delle inefficienze del paese. Un revisore di una grande società internazionale mi disse che a parità di stipendio un loro dipendente, che si doveva trasferire da Parigi a Lione, costava meno grazie al TGV, l’alta velocità, di un dipendente italiano che doveva trasferirsi da Milano a Roma. Oggi grazie all’alta velocità del Freccia Rossa questo divario si è parzialmente ridotto, ma ampie zone del paese come il Nord-est, o i collegamenti internazionali con la Francia a Modane e il corridoio orintale verso Kiev restano ancora escluse da questo elemento di modernità.
Ilsole24ore.com – 30 aprile 2011