I due mesi al massimo di ritardo dettati dalla Ue sono ancora un miraggio, almeno in metà Italia. E anche nella classifica con i nostri partner Ue restiamo fanalino di coda. Ma è innegabile che le iniezioni di liquidità di questi anni alle regioni, ma insieme anche il monitoraggio costante da parte di via XX Settembre, hanno avuto i loro (positivi) effetti.
Fatto sta che in sanità – settore cruciale per i debiti della Pa – i tempi di rimborso ai fornitori si stanno gradualmente e drasticamente riducendo. Addirittura dimezzando rispetto a quattro anni fa. Per i dispositivi medici a settembre la media nazionale è di 148 giorni. Per i farmaci 99 giorni. Entrambi record storici. Anche se la scala di valori vede Molise e Calabria regioni lumaca, col Centro-Sud in genere in fondo al ranking. Una graduatoria che comunque vale, tra farmaci e dispositivi medici, almeno 4,5 miliardi di euro di arretrato nei pagamenti alle imprese.
I dati di Farmindustria (farmaci) e di Assobiomedica (dispositivi medici), elaborati quasi in contemporanea, si riferiscono ai primi nove mesi dell’anno. E sono commentati positivamente dalle due associazioni. Soprattutto da parte di Farmindustria, che tra l’altro con la legge di Bilancio 2017 ha incassato notevoli successi: «A settembre 2016, le imprese del farmaco hanno registrato un sensibile calo del tempo medio di pagamento da parte della Pa, che dai 117 giorni di giugno cala a 99 giorni», afferma il presidente Massimo Scaccabarozzi. «È un andamento nettamente positivo che si registra in tutte le Regioni tranne pochissime eccezioni. Un successo – aggiunge Scaccabarozzi – che rappresenta un importante segnale dello sforzo per avvicinare l’Italia agli standard europei, grazie anche a un intenso monitoraggio sui pagamenti dell’Economia, a partire dall’introduzione degli indicatori di tempestività dei pagamenti di tutta la Pa, che per la prima volta paga sotto i 100 giorni,i avvicinandosi ai 60 previsti dalla normativa Ue. Senza contare che rispetto allo stesso periodo del 2015, il calo è del 28% circa: quasi 40 giorni in meno».
Soddisfazione condivisa dal presidente di Assobiomedica, Luigi Boggio: «Le somme stanziate per sanare il debito pregresso della Pa hanno favorito un generale abbassamento dei tempi di pagamento». Non è un caso che per i dispositivi medici, i 317 giorni di ritardo di gennaio 2012 si sono ridotti a 148 a settembre. Ma per Boggio non basta ancora: «I tempi medi di pagamento delle nostre strutture sanitarie pubbliche restano tra i più lunghi in Europa. Per non dire della realtà di un Paese spaccato in due: da un lato abbiamo regioni con servizi sanitari che rimangono in cronico disavanzo come Calabria e Molise, dall’altro ci imbattiamo in regioni da cui sarebbe legittimo aspettarsi performance decisamente migliori come Campania, Lazio, Piemonte, e Toscana. Con tempi medi di pagamento diversissimi tra strutture sanitarie che in alcuni casi distano solo pochi chilometri l’una dall’altra».
La solita sanità a 21 facce.Che intanto, nella progressivo calo dei ritardi nei rimborsi alle imprese, comincia a far segnare risultati non sempre altalenanti. Ad esempio il numero di regioni sotto i 100 giorni di ritardo: per i dispositivi medici sono arrivate a 8, per i farmaci invece già ben 13. Per i farmaci il calo da giugno e settembre è stato di 18 giorni, per i dispositivi di 7. Le peggiori pagatrici restano il Molise con 593 giorni per i dispositivi (ma erano 677 a gennaio) e 691 per i farmaci (567 a giugno), poi la Calabria (rispettivamente 405 e 301) che pure ha fatto segnare un ridimensionamento delle attese per i fornitori, quindi la Campania per i dispositivi (256 giorni) e la Toscana per i farmaci (197 giorni). Al top il Centro-Nord: dagli 84 giorni tra le regioni ordinarie della Lombardia per i dispositivi medici ai 31 dell’Umbria per i farmaci.
Ci sarebbe poi una speciale classifica nella classifica. In questo caso non cede la performance peggiore per i pagamenti dei dispositivi l’ospedale Mater Domini di Catanzaro: rimborsa dopo 1.147 giorni. Tre anni di fatture nel cassetto. E intanto le imprese possono attendere.
Roberto Turno – Il Sole 24 Ore – 3 novembre 2016