Rischi dove c’è piano di rientro, le risorse non bastano Il decreto è un primo passo, ma le risorse sono poche e la burocrazia è troppa secondo Regioni, imprese e aziende. E resta il problema degli enti nelle Regioni con piani di rientro che sono esclusi – per ora – dalla possibilità delle certificazioni.
Secondo il servizio Bilancio le norme escludono dagli obblighi gli enti delle Regioni in piano di rientro Debiti Pa, rebus certificazioni I governatori: le risorse non bastano, si deve allentare il patto di stabilità Ivizia alla Camera il cammino parlamentare del decreto legge sui debiti della Pubblica amministrazione (il D135/2013 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 82 dell’8 aprile 2013). E molte ombre si addensano soprattutto sulle soluzioni in pista per il Ssn: ce la faranno le Regioni in piano di rientro a dimostrare l’equilibrio strutturale necessario per accedere ai nuovi prestiti? E se li otterranno riusciranno a non alzare tasse e aliquote per garantire il pagamento dei mutui? E ancora: quanta parte del loro debito con le imprese potranno coprire visto che da sole le cinque Regioni commissariate hanno un debito pari al 50% cima di quello totale del Ssn verso i fornitori? In Parlamento i partiti già annunciano battaglia su questi temi, sulle garanzie di copertura dei 40 miliardi previsti per “snellire” i debiti della Pa e sulla necessità di una ulteriore semplificazione del-l’iter previsto dal decreto. Tutto dovrà avvenire in tempi brevi. La conferenza dei capigruppo di Montecitorio ha stabilito l’agenda dell’esame Dl: approderà in aula il 29 e il 30 aprile per la discussione generale. A partire dal 2 maggio ci saranno le votazioni. E per fare in fretta, in assenza delle commissioni parlamentari di merito, l’assemblea della Camera ha esteso i poteri della commissione speciale anche all’esame del decreto. Operatori contro. Il provvedimento non convince del tutto nemmeno i suoi destinatari. Dubbi, riserve, difficoltà applicative, tempi incerti per passare alla cassa sono gli allarmi lanciati la scorsa settimana da molti governatori: Nichi Vendola (Puglia, Sel), Vito De Filippo (Basilicata, Pd), Luca Zaia (Veneto, Lega Nord) hanno accusato di “inutilità” il decreto. Con una richiesta è necessario allentare il Patto di stabilità anche in favore delle Regioni, altrimenti si farà un buco nell’acqua e si alimenteranno illusioni che rischiano di trasformarsi «in un bluff». «Il paradosso – ha detto Stefano Caldoro (Campania) – è che si può avere liquidità, non poterla spendere, ed essere costretti a fare nuovi debiti, andando di fatto contro le finalità del decreto». Perché le risorse sono poche e soprattutto generano altri debiti: i mutui vanno restituiti inderogabilmente anno per anno per 30 anni. Le Regioni la scorsa settimana hanno anche messo a punto un documento in cui chiedono al Governo l’estensione della deroga ai “limiti di indebitamento” per i debiti sanitari, l’autorizzazione per le aziende a saldare i debiti iscritti nel piano di pagamento anticipando la cassa con le proprie disponibilità liquide, la cancellazione delle comunicazioni email ai creditori («troppa burocrazia»), chiarimenti sui crediti centificabili. Dubbi anche dalle aziende Ssn. Secondo Valerio Alberti, presidente Raso, le procedure prevedono parecchi passaggi burocratici in un lasso di tempo limitato. Anche le stesse imprese sono perplesse. Assobiomedica – i produttori di biomedicali – che vanta un credito di oltre 5 miliardi con il Ssn, ha rilanciato le sue proposte per una maggiore liquidità, a partire da un graduale e massiccio piano di dismissioni del patrimonio pubblico in capo all’Economia e alle stesse Regioni, destinando il ricavato al rimborso dei fornitori e al pagamento di emissioni obbligazionarie ad hoc dello Stato e delle realtà locali più indebitate. I dubbi del servizio Bilancio. I dubbi per la Sanità ruotano tutti intorno alle Regioni con piani di rientro. Il primo riguarda il pagamento degli appalti che rientrano tra le tipologie di debiti «certi liquidi ed esigibili delle Regioni e degli enti Ssn», ma su cui sono necessari chiarimenti circa la loro liquidazione proprio dove ci sono piani di rientro: «In base alla normativa vigente» i debiti di queste Regioni «non possono essere soggetti a certificazione». C’è l’obbligo infatti di comunicazione sulla piattaforma telematica prevista dal decreto delle certificazioni dei crediti, ma la nonna «sembra escludere – a pena nullità – le pubbliche amministrazioni per le quali è fatto divieto di procedere a certificazioni: gli enti locali commissariati e gli enti Ssn delle Regioni sottoposte a piano di rientro». Proprio quegli enti in sostanza (v. grafico in basso) che hanno accumulato tra quelli del Ssn gravissimi ritardi: anche quasi cinque anni in alcune Asl della Campania e della Calabria, contro tempi quasi nella nonna nelle aziende delle Regioni che di problemi economici ne hanno meno. Un altro nodo da sciogliere durante il dibattito parlamentare. Il servizio Bilancio poi lancia un altro altolà. Il decreto stabilisce che per l’accesso alle liquidità il bilancio regionale deve presentare «una situazione di equilibrio strutturale» ma, sottolinea, la nonna non definisce le caratteristiche che lo comportano, che «non sono desumibili per analogia dalle normative contabili. Sul punto – conclude – apparirebbe pertanto necessario circostanziare più diffusamente il contenuto di tale nozione». Dal punto di vista economico il servizio Bilancio sottolinea l’opportunità che il Governo, sulla base dei dati disponibili, «fornisca un dettaglio per Regione delle voci che hanno portato alla stima per il Ssn di 14 miliardi». E per gli ammortamenti non sterilizzati dovrebbe essere indicato il totale antecedente l’entrata in vigore del Dlgs 118/2011 non riportato nei conti economici 2011 (427,5 milioni). Dovrebbe, inoltre, essere chiarito se una quota dei debiti da pagare con le anticipazioni sia stata eventualmente già scontata (rispettivamente pro-solvendo o pro-soluto) presso le banche o gli intermediari finanziari perché nel caso del pro-soluto si sarebbe già verificato un effetto su fabbisogno e debito. E se è vero che i pagamenti dei debiti a fronte di impegni di parte corrente di esercizi pregressi, non determinano un aumento dell’indebitamento netto nel 2013-2014, non è chiaro «se tale fattispecie comprenda anche i debiti sorti entro il 31 dicembre 2012 peri quali sia stata emessa fattura o richiesta equivalente di pagamento entro il predetto termine». Se così non fosse, sottolinea il servizio Bilancio, «si tratterebbe di emersione di debito con impatto anche sull’indebitamento netto».
Sole 24 Ore Sanita’ di martedì 16 aprile 2013