di Gianni Trovati. Un decreto del Governo entro lunedì, e la discussione in Aula delle mozioni al Senato e alla Camera a partire da martedì. È il calendario serrato elaborato ieri tra Palazzo Chigi e Palazzo Madama per cercare di sciogliere i tanti nodi della Tares, il nuovo tributo sullo smaltimento rifiuti e sui «servizi indivisibili» in vigore dal 1° gennaio scorso ma ancora in cerca di un minimo di chiarezza.
E da discutere ci sarà parecchio, a quanto si intuisce dalle ipotesi di “soluzione” prospettate ieri ai sindaci dalla delegazione governativa guidata dal premier Mario Monti e composta anche dai ministri dell’Economia, Vittorio Grilli, degli Affari europei, Enzo Moavero Milanesi, e della Coesione territoriale, Fabrizio Barca. Ipotesi che danno qualche speranza alle aziende di igiene urbana, piacciono ai sindaci desiderosi di chiarezza sulla destinazione delle entrate, ma non offrono alcuna buona notizia ai contribuenti. Vediamo perché.
Il progetto governativo si basa su due aspetti principali. Il rinvio a dicembre della «maggiorazione» da 30 centesimi al metro quadrato, che andrà pagata direttamente allo Stato e perderà l’etichetta di finanziamento ai servizi comunali, e la possibilità di avviare da maggio i pagamenti della Tares-rifiuti, con le varie modalità di versamento già attivate negli anni scorsi per le vecchie tasse (Tarsu) o tariffe (Tia) sostituite dal nuovo tributo. Con questa impostazione, però, il consuntivo annuale a carico dei contribuenti non cambia, e continua a prospettare gli aumenti che secondo Confcommercio possono arrivare ai livelli record del 650% rispetto alla Tarsu 2012. Sul tema, del resto, era intervenuto in mattinata con la consueta chiarezza il sottosegretario all’Economia, Gianfranco Polillo, spiegando che «l’aumento della Tares era già conteggiato, per cui l’unica cosa che potremmo provare a fare è dilazionarlo».
I punti affrontati dal progetto illustrato ieri ai sindaci, infatti, sono altri. Il primo baco da rimediare era quello prodotto dal rinvio della prima rata a luglio, che avrebbe costretto le imprese ad attendere settembre-ottobre per i primi veri incassi mettendo a rischio i pagamenti ai fornitori e anche gli stipendi dei lavoratori del settore (sono 65mila). Il decreto governativo dovrebbe dunque far ripartire le rate da maggio (trovando però uno strumento di passaggio che non costringa i Comuni a scrivere i piani finanziari in due settimane): le modalità di pagamento dovrebbero essere quelle già utilizzate negli anni scorsi, in modo da evitare l’alternativa secca tra F24 e bollettino postale e permettere, quindi, di continuare a usare Mav, pagamenti elettronici e bollette uniche nelle multiutility. Qui, a volerla cercare, c’è l’unica notizia positiva per i contribuenti, che non dovranno aggiungere ai rincari una nuova complicazione nei pagamenti.
L’altro pilastro del progetto governativo è il rinvio a dicembre della maggiorazione da un miliardo di euro, che nella struttura originaria della Tares sarebbe stata destinata ufficialmente a finanziare i «servizi indivisibili» (illuminazione, manutenzione strade e così via) dei Comuni, ma che in realtà serviva a compensare un taglio statale equivalente sulle risorse locali. Il pagamento a dicembre, hanno ottenuto i Comuni, sarà rivolto direttamente allo Stato, così da evitare ai sindaci una replica nella parte dei “gabellieri” per lo Stato già recitata con l’Imu.
Sul tavolo, però, restano le mozioni già presentate da Pd e Pdl per un rinvio tout court della Tares al 2014, per avere modo di rimodulare il carico e correggere i tanti difetti del tributo. Se ne discuterà in Parlamento da martedì.
nell’ampia maggioranza dei Comuni. In questa ipotesi, comunque, ogni “sconto” di maggio si tradurrebbe in un conguaglio più caro a dicembre
Il sole 24 Ore – 4 aprile 2013