Marco Zatterin. Arriva la messa in mora per i pagamenti di Stato troppo lenti, un’infrazione annunciata da tempo, che sarebbe dovuta decollare già in maggio e che era stata sospesa per «cautela» elettorale. Salvo colpi di scena, la Commissione Ue mostrerà un altro cartellino giallo all’Italia, colpevole d’aver violato la normativa europea secondo cui la pubblica amministrazione deve saldare i conti con i fornitori privati entro trenta giorni, o sessanta in casi particolari (come gli ospedali).
I ripetuti richiami non sono serviti e adesso Roma deve spiegarsi, adeguarsi o rischiare di vedersela con la Corte Ue e le sue in genere salate multe.
Responsabile del dossier è il commissario all’Industria, Antonio Tajani, in carica ancora per dodici giorni prima di passare al Parlamento europeo, dove lo attende con ogni probabilità una poltrona da vicepresidente in casa popolare. La lettera di messa in mora da parte di Bruxelles non dovrebbe riguardare i debiti pregressi della Repubblica, ma solo quelli contratti a partire dall’entrata in vigore della direttiva, ovvero dal 2013.
Nessuna sorpresa. Gli advisor di Bruxelles per l’Italia, Ance e Confartigianato, in più occasioni hanno denunciato la persistente violazione della direttiva, con ritardi sino a 210 giorni a fattura. La media per i costruttori sarebbe di 146 giorni. Il governo contesta da sempre le cifre. Già ai primi di maggio ha sottolineato che si è «intervenuti d’urgenza per completare il finanziamento finalizzato al pagamento dei debiti pregressi» ed è stato «definito un quadro di norme che hanno il duplice scopo di impedire la formazione di un nuovo stock di debito, e garantire ai creditori pagamenti entro i termini di legge».
Stamane la Commissione dovrebbe esprimere un altro avviso e lasciare spazio a due scenari: l’Italia può convincere Bruxelles di aver adottato le azioni necessarie per mettersi in regola; oppure ritrovarsi destinataria di un parere motivato, ultimo stadio prima del deferimento alla Corte di giustizia. Non un fulmine a ciel sereno, va detto, nemmeno la nuova procedura. Proprio lunedì la Commissione delle politiche Ue della Camera ha deciso di avviare una indagine sulla attuazione ed efficacia dei recepimenti del diritto a dodici stelle, visto che a fine aprile le procedure aperte contro Roma erano 114. Un dato che vale oltre il 10 per cento in più rispetto ad un anno fa.
Arriva la messa in mora per i pagamenti di Stato troppo lenti, un’infrazione annunciata da tempo, che sarebbe dovuta decollare già in maggio e che era stata sospesa per «cautela» elettorale. Salvo colpi di scena, la Commissione Ue mostrerà un altro cartellino giallo all’Italia, colpevole d’aver violato la normativa europea secondo cui la pubblica amministrazione deve saldare i conti con i fornitori privati entro trenta giorni, o sessanta in casi particolari (come gli ospedali).
I ripetuti richiami non sono serviti e adesso Roma deve spiegarsi, adeguarsi o rischiare di vedersela con la Corte Ue e le sue in genere salate multe.
Responsabile del dossier è il commissario all’Industria, Antonio Tajani, in carica ancora per dodici giorni prima di passare al Parlamento europeo, dove lo attende con ogni probabilità una poltrona da vicepresidente in casa popolare. La lettera di messa in mora da parte di Bruxelles non dovrebbe riguardare i debiti pregressi della Repubblica, ma solo quelli contratti a partire dall’entrata in vigore della direttiva, ovvero dal 2013.
Nessuna sorpresa. Gli advisor di Bruxelles per l’Italia, Ance e Confartigianato, in più occasioni hanno denunciato la persistente violazione della direttiva, con ritardi sino a 210 giorni a fattura. La media per i costruttori sarebbe di 146 giorni. Il governo contesta da sempre le cifre. Già ai primi di maggio ha sottolineato che si è «intervenuti d’urgenza per completare il finanziamento finalizzato al pagamento dei debiti pregressi» ed è stato «definito un quadro di norme che hanno il duplice scopo di impedire la formazione di un nuovo stock di debito, e garantire ai creditori pagamenti entro i termini di legge».
Stamane la Commissione dovrebbe esprimere un altro avviso e lasciare spazio a due scenari: l’Italia può convincere Bruxelles di aver adottato le azioni necessarie per mettersi in regola; oppure ritrovarsi destinataria di un parere motivato, ultimo stadio prima del deferimento alla Corte di giustizia. Non un fulmine a ciel sereno, va detto, nemmeno la nuova procedura. Proprio lunedì la Commissione delle politiche Ue della Camera ha deciso di avviare una indagine sulla attuazione ed efficacia dei recepimenti del diritto a dodici stelle, visto che a fine aprile le procedure aperte contro Roma erano 114. Un dato che vale oltre il 10 per cento in più rispetto ad un anno fa.
La Stampa – 18 giugno 2014