Il datore di lavoro può far spiare il dipendente, in permesso per le cure termali, per controllare che stia effettivamente facendo i fanghi o l’aereosol. Con la sentenza 1329, la Cassazione afferma che il solo limite ai controlli è quello che riguarda lo stretto ambito lavorativo, mentre c’è un via libera alla sorveglianza esterna, se è finalizzata “alla tutela di beni estranei al rapporto stesso”.
Benché legittima però l’operazione di spionaggio non va a buon fine a causa della scarsa professionalità degli 007. La sezione lavoro annulla, infatti, il licenziamento intimato alla lavoratrice accusata di aver abusato dei permessi ottenuti per cure termali in realtà disertate. Una conclusione raggiunta dall’azienda grazie ai resoconti dei suoi investigatori, secondo i quali la signora era stata vista solo sporadicamente alle terme.
Il pedinamento era stato però un po’ improvvisato. I detective non si erano, infatti, presi la briga neppure di verificare la targa dell’auto della signora né conoscevano bene la sua faccia, essendo in possesso solo di una fotografia. Ma, quello che è peggio, non si erano recati tutti i giorni sul luogo “crimine”, limitandosi a fare un salto alle terme a giorni alterni. La Cassazione si fida di più dell’attestazione del direttore sanitario che certificava la presenza della lavoratrice nella stazione termale nei giorni di permesso retribuito.
ilsole24ore.com – 24 gennaio 2013