Prima un vertice tra il premier Giuseppe Conte, i ministri Francesco Boccia e Roberto Speranza, il commissario Domenico Arcuri. A seguire, la conferenza con tutte le Regioni. E alla fine della giornata, la presa d’atto: nel primo trimestre dell’anno avremo solo la metà dei vaccini previsti. Dunque, l’Italia dovrà rivedere il piano. Non lo farà però senza reagire: Commissario e governo hanno deciso di citare in tribunale i due colossi della farmaceutica Pfizer e Astrazeneca. Anche quest’ultima, infatti, prima ancora di ricevere il via libera dall’Ema al proprio prodotto, ha annunciato il taglio delle forniture.
Le ipotesi sul tavolo sono quelle discusse nei giorni scorsi dagli esperti dell’Avvocatura generale dello Stato: la diffida da depositare in un tribunale italiano per i ritardi nelle consegne; l’avvio di un contenzioso a Bruxelles dove la Commissione ha firmato i contratti; infine, se la situazione non dovesse rientrare, una denuncia penale in Italia per i reati contro la salute pubblica previsti dal nostro codice. L’Avvocatura, a cui Arcuri si è rivolto per il dossier, ufficializzerà già domani la scelta.
«I ritardi sono inaccettabili — dice il premier Conte — e costituiscono gravi violazioni contrattuali che producono danni enormi all’Italia, il nostro piano è stato elaborato sulla base di impegni contrattuali liberamente assunti» e per questo, ribadisce, «ricorreremo a tutti gli strumenti e a tutte le iniziative legali per rivendicarne il rispetto». Ad aumentare la tensione è arrivata la comunicazione di Astrazeneca: taglierà le consegne previste per il primo trimestre dell’anno. Erano sedici milioni di dosi (anche se il premier ha parlato di otto milioni). L’azienda ha spiegato che, a causa di un problema nelle linee di produzione, ne avremo il 60 per cento di meno. La riduzione avverrà in tutta Europa e a Bruxelles sono preoccupati. La Commissione ha convocato d’urgenza i vertici di Astrazeneca per avere informazioni e dettagli sui motivi della decisione. Tra i Paesi dell’Ue, l’Italia ha assunto la posizione più più rigida: siamo sicuramente il Paese partito meglio, in termini numerici, nella campagna di vaccinazione, tanto che il nostro governo ha tentato, invano, di ottenere dalla Commissione un nuovo criterio redistribuivo che premiasse non la popolazione ma la capacità di somministrazione. Per il momento siamo gli unici ad aver annunciato la volontà di fare causa alle produttrici di vaccini. Altri Paesi — Francia, Spagna, la stessa Germania — non nascondono forte irritazione ma non hanno ancora ufficialmente dichiarato di voler intraprendere vie legali. La Commissione invita comunque alla cautela, perché i contratti sono basati su forniture trimestrali e, dunque, solo al termine dei 90 giorni si potrà capire quanto è grave l’inadempienza. Pfizer continua a sostenere che il ritardo sarà compensato. Esiste poi un problema sui numeri: la famosa dose extra è conteggiata da Pfizer come consegnata, diversamente dai governi che, invece, contano il numero delle fiale.