di Renzo Mazzaro dal Mattino di Padova. Copertura assicurativa negli ospedali, in caso di danni provocati da medici: per chiudere con la gestione Galan, incentrata sul broker Assidoge di Mirano e ora al vaglio della Corte dei Conti per danno erariale, la giunta Zaia ha introdotto la franchigia fino a 500.000 euro. Significa che i danni sotto questa cifra vengono liquidati dalla Regione e solo per i danni superiori, i cosiddetti catastrofali, scatta la copertura delle compagnie. Si può pensare ingenuamente che superato il mezzo milione di franchigia, l’intera cifra venga liquidata dalla compagnia. Errore. Nell’ipotetico caso di un danno di 503 mila euro, mezzo milione restano a carico dell’Usl e solo 3.000 euro vanno a pesare sulla compagnia. Che interesse c’è ad assicurarsi con una franchigia così alta, visto che la maggior parte degli incidenti negli ospedali porta a danni molto inferiori al mezzo milione?
Lo chiediamo a Emilio Frasson, già assessore comunale a Mirano, che ha lavorato come ispettore tecnico e liquidatore per le Generali, per i Lloyd’s di Londra e altre compagnie.
A cosa si deve questa strategia che sembra suicida?
«L’interesse dell’Usl di procedere con una franchigia così alta è che paga un premio assicurativo annuo più basso. Ma così rimanda a successivi bilanci le spese salate dei danni da coprire. Preferisce l’uovo oggi, senza nessuna certezza di evitare la stangata domani. Quello che più sconcerta è l’entità della franchigia». E’ sbagliato fissarla a 500.000 euro? «La franchigia a 500.000 euro lascia scoperti medici e infermieri che, se condannati, dovranno provvedere con soldi propri. E comporta gravissima incertezza sulla gestione del danno, in capo all’Usl. Sarebbe meglio fare il contrario: assicurare tutti i rischi fino a mezzo milione e per i danni superiori costituire un fondo».
Ma aumenterebbe il premio annuo alla compagnia.
«Sì, ma diminuirebbero i danni da pagare. E’ un calcolo di convenienza per il quale, purtroppo, mancano le serie di costo dei danni». Sarebbe a dire? «Né le Usl, né la Regione e men che meno lo Stato hanno la serie storica dei danni degli ultimi 10 anni, che consenta il confronto tra i costi preventivati, pagati e archiviati. Le compagnie non hanno mai amato il ramo sanità perché ci perdono e anziché investire si sono ritirate. Via le compagnie italiane ed europee di fascia A, come Generali, Allianz, Axa, Unipol, Sai, sono entrate le altre, lasciando spazio a molta avventura».
Lo spazio è stato occupato dai broker: sono loro gli avventurieri?
«I broker si sono rivolti all’estero e dal Duemila ad oggi abbiamo visto di tutto: dai Lloyd’s a City Insurence di Bucarest bloccata dalla Guardia di Finanza. Parlo con cognizione di causa perché fino al 2007 ho avuto una parte non marginale. Con i Lloyd’s i broker sfruttando la tecnica del “netto sottoscrittore” hanno guadagnato moltissimo».
Quanto?
«Attorno al 15% del premio imponibile, ma anche di più. In Veneto 6-7milioni di euro l’anno erano commissioni trattenute dall’unico broker, incaricato senza gara».
Assidoge di Mirano?
«Sì. La polizza pagata dalle Usl era costituita da premio al sottoscrittore, spese, commissioni, quota Lloyd’s Italia, imposte. Poiché tutto transitava dal broker, questi tratteneva la sua quota di commissioni e faceva passare il resto».
Queste provvigioni erano fatturate?
«Autofattura, forse. La fattura avrebbe dovuto essere intestata alle Usl ma l’incarico di brokeraggio, costruito ad hoc, non prevedeva un costo a carico delle Usl».
Sta descrivendo una specie di Far West.
«E’ una situazione disastrosa. Tanto più se si considera che le Usl non hanno mai avuto contatto diretto con l’assicuratore. Spesso non sono neanche in possesso della polizza».
Ci sarà pure un contratto firmato.
«Il contratto è sostituito da una “cover note” del broker, ma con questa non si chiama in giudizio l’assicuratore. A suo tempo segnalai queste evidenti irregolarità alle Usl. Sa cos’è successo? Hanno pensato bene di informare l’autore delle scorrettezze».
Il Mattino di Padova – 6 ottobre 2014