Non concordo con la valutazione di Tito Boeri sulla bontà degli automatismi pensionistici. Quando furono introdotti dal centrodestra l’età legale della pensione era intorno ai 60-61 anni. Oggi supera i 66 e, se il meccanismo viene mantenuto arriveremo, per i giovani che andranno in pensione alla metà di questo secolo, ai 70 anni di età. Il problema non è bloccare il meccanismo per tutti e per sempre, ma fare i conti con due fatti nuovi: il primo è l’introduzione dell’anticipo pensionistico (APE) che fissa l’età della pensione a partire dai 63 anni: non si può, da un lato, anticipare la pensione di 3 anni e 7 mesi e, dall’altro, posticiparlo di 5 mesi dal 2019, come se niente fosse. Forse qualche domanda ce la dobbiamo porre”. Lo dichiara Cesare Damiano, Presidente della Commissione Lavoro alla Camera.
“Questo meccanismo, introdotto dal Governo Berlusconi e inasprito da quello di Monti, si è fin qui basato su un freddo calcolo demografico che dava per scontato che gli italiani sarebbero, insieme ai giapponesi, i più longevi della terra. Da qui l’idea, perversa, di far salire l’età della pensione indefinitamente, fino a superare la soglia dei 70 anni alla metà del secolo. Ma il meccanismo statistico si è inceppato e tornano a fare capolino alcune considerazioni sociali”.
“Il secondo fatto – prosegue Damiano – è che l’aspettativa di vita non aumenta più in modo continuo e lineare: per la prima volta, nel 2015, è diminuita e, secondo i calcoli dei demografi, questo avverrà anche nel 2017. Di fronte all’ottusa applicazione di una norma inventata, a spese dei pensionati, per risanare i conti dello Stato, sarebbe meglio fermarsi a ragionare rimandando ogni decisione di aumento dell’età pensionabile al 2018”. “Infine, va notato che già nella legge di Bilancio dello scorso anno l’età pensionabile è stata bloccata per i lavori usuranti: quindi una correzione si può fare senza dover necessariamente fare del terrorismo contabile. Il Governo dovrà dare una risposta su questo problema”.
La manovra Fornero, ricorda Damiano, non ha di fatto previsto una vera transizione per cui persone già prossime all’età di pensione all’atto della sua approvazione hanno subito l’allungamento dell’età lavorativa fino a sei anni. Al di là delle possibilità di trattamenti anticipati “sociali” o onerosi, il sistema italiano si caratterizza già ora per il primato globale dell’età di pensione. Fermi restando gli obiettivi di sostenibilità nel lungo periodo, un po’ di buon senso aiuterebbe la società a ritrovare fiducia nel sistema previdenziale, a partire dai giovani
2 ottobre 2017