A sei mesi di distanza dall’approvazione della manovra risultano ancora molto “limitati” gli effetti delle norme per le stabilizzazioni del personale sanitario. Continua ad accentuarsi il fenomeno della carenza di personale, specie in alcune specialistiche più a rischio, a cominciare dall’emergenza-urgenza. Una situazione che ha contribuito ad accrescere il fenomeno dei gettonisti. A tracciare il quadro della situazione sul personale del Ssn è stata la Corte dei Conti nel suo Rapporto sul Coordinamento della Finanza pubblica.
Qui innanzitutto si ricorda come, a fine dicembre 2022, erano ancora in attività oltre 55.000 unità di personale impiegato durante l’emergenza Covid. “Si trattava di 10.174 medici (erano 18.765 a fine 2021) e 24.205 infermieri (29.151 a fine 2021). Il restante personale (21.182 unità) era costituito da operatori sociosanitari ed altre professionalità (tecnici di radiologia, tecnici di laboratorio, assistenti sanitari, biologi, etc.)”, spiega la relazione.
Di questi, prima delle stabilizzazioni previste dalla legge di bilancio per il 2022 risultavano assunti a tempo indeterminato 1.566 medici e 9.395 infermieri (oltre a 6.206 personale delle altre professionalità ecc.). Va considerato inoltre che sempre a fine anno erano ancora operative anche 562 Usca, con oltre 4.378 addetti di cui 2.862 medici e 1.460 infermieri.
Come dicevamo, l’effetto delle stabilizzazioni previste dalla manovra è stato ad oggi molto limitato, secondo il parere della Corte dei Conti. Nei primi sei mesi di operatività della norma, gli assunti e i cessati riconducibili al processo di stabilizzazione sono rispettivamente 2.629 e 401. Si tratta in prevalenza di personale infermieristico (1430 unità), operatori sociosanitari (688), del profilo tecnico (132) e delle funzioni riabilitative (35). Sono medici solo 219 unità a cui si affiancano 91 cessazioni. Di minore rilievo le assunzioni di biologi (34), farmacisti (17) e psicologi (19).
Dunque, a sei mesi di distanza, i 219 medici assunti a tempo indeterminato sono solo il 5% di quelli che ancora oggi prestano la loro opera in base alle norme dell’emergenza. Più rilevante la quota del personale infermieristico: il 10% di quello impiegato per il potenziamento delle risorse umane nella lotta al Covid.
Nonostante tutte le misure messe in campo dal governo, dalle proroghe alla possibilità di stabilizzare gli operatori sanitari, nel 2022 si sono rese sempre più evidenti le carenze di organico, specie in alcune strutture. In particolare, sono venute ad aggravarsi criticità nel funzionamento dei servizi di emergenza e urgenza, sia in riferimento all’utilizzo dei medici a gettone, sia, più in generale, in relazione alla disponibilità di risorse professionali necessarie a garantire il funzionamento di una componente cruciale del sistema di assistenza.
In tal senso la Corte dei Conti ha proposto un breve focus proprio sull’Emergenza-Urgenza. Al 31 dicembre 2020, operavano in Italia, nella Medicina Emergenza-Urgenza, 5.043 medici presso le strutture pubbliche e 488 medici presso le strutture private, per un totale complessivo di 5.531 medici, in diminuzione dello 0,75% rispetto al 2019 (5.573). Secondo lo studio del gruppo di lavoro istituito presso Agenas per la definizione della metodologia per la determinazione del fabbisogno di personale degli enti sanitari, la dotazione nazionale di dirigenti medici necessaria per soddisfare i valori minimi di riferimento nelle unità operative di Pronto soccorso sarebbe oggi pari a circa 8.000 unità, evidenziando una conseguente carenza di circa 2.500 unità di personale medico specialista.
A queste carenze, sottolinea la Corte dei Conti, sembra non si riesca a sopperire neanche aumentando i posti a concorso per la specializzazione specifica. A questa carenza strutturale va associata, infatti, “la riduzione di interesse dei neolaureati per questa disciplina, per il maggior carico di lavoro rispetto alle altre specializzazioni, per gli orari di lavoro particolarmente pesanti, per le aggressioni aumentate negli ultimi anni e per la retribuzione considerata insoddisfacente”.
Tra i posti messi a bando per le scuole di specializzazione di Area sanitaria, per l’anno accademico 2021/2022, il 50% di quelli relativi alla Medicina di emergenza-urgenza (pronto soccorso) non sono stati assegnati; “degli 866 contratti di formazione posti a concorso, ne sono stati attribuiti soltanto 441”. Di certo non una novità, dal momento che lo stesso fenomeno era stato già riscontrato anche nel precedente anno accademico: su 1.077 borse per lavorare in Pronto Soccorso, ben 456 erano rimaste vacanti (il 42%). Questo perché, spiega la Corte dei Conti, “i neolaureati ambiscono a specializzazioni più spendibili sul mercato privato (cardiologia, dermatologia, oculistica, chirurgia plastica, ecc. per le quali, invece, tutti i posti sono stati assegnati), allontanandosi da quelle considerate più gravose e rischiose”. Da qui il boom del fenomeno ‘gettonisti’ che il governo ha tentato di limitare fissando alcuni paletti all’interno di quel Decreto Bollette convertito in legge appena ieri dal Senato.
Giovanni Rodriquez – Quotidiano sanita
26 maggio 2023