Accorpare le Regioni, ghigliottinare gli sprechi. Intervistato su Repubblica il governatore del Lazio Nicola Zingaretti si sbilancia: «Sono troppe, serve un piano per accorparle ». E anche in Parlamento qualcosa si muove, con l’obiettivo di abbattere un monumento allo sperpero insostenibile in tempi di crisi. Almeno quattro proposte di legge hanno visto la luce alla Camera in questa legislatura. Con il format a venti Regioni nel mirino.
La carica l’ha suonata di recente il Pd. Due deputati dem, Roberto Morassut e Raffaele Ranucci, hanno preso carta e penna per ridisegnare la cartina d’Italia. Ne è uscito fuori uno stivale diviso in dodici aree, omogenee per «storia, area territoriale, tradizioni linguistiche e struttura economica». Alcune sono frutto di una semplice addizione (il Triveneto con Friuli, Trentino e Veneto, oppure l’Alpina con Piemonte, Valle d’Aosta e Liguria). Altre invece mettono assieme province di Regioni diverse: il Levante “ospita” Puglia, Matera e Campobasso, mentre la Tirrenica tiene assieme Campania, Latina e Frosinone. Solo Sicilia e Sardegna manterrebbero il privilegio dello statuto speciale.
Per stringere i tempi e tagliare il traguardo, Ranucci ha pure contattato il ministro delle Riforme Maria Elena Boschi. Le ha chiesto di assorbire le novità nel suo ddl costituzionale. «Si può costituire il nuovo Senato, incentrato sugli eletti delle Regioni – domanda il suo collega Morassut – senza riformare le Regioni stesse? Il pacchetto va portato avanti senza lasciare vagoni staccati». Una prima sponda è quella del capo della conferenza delle Regioni, Sergio Chiamparino: «Si sta riformando la Costituzione, se il Governo vuole noi siamo pronti a discutere del riordino anche territoriale delle Regioni ».
Suonerà sorprendente, ma il partito della ghigliottina è capeggiato proprio dai governatori di peso. Zingaretti e Chiamparino, come detto, ma anche il neo eletto Presidente dell’Emilia Romagna Stefano Bonaccini: «Ragioniamo se avere un po’ meno Regioni delle venti attuali». È un movimento d’opinione bipartisan, che supera i confini del centrosinistra. Certo, non tutti quelli che reclamano una riforma pensano a un’improvvisa rivoluzione. Debora Serracchiani – presidente del Friuli Venezia Giulia e soprattutto vicesegretaria del Pd – invita le Regioni a mettere in comune alcune attività, a partire dalla sanità e dai trasporti.
Quando intervenire, come intervenire? Le ricette si moltiplicano. Il progetto di legge del deputato azzurro Massimo Palmizio assomiglia a una “cura shock”: tre Regioni, per lui, possono bastare. Via in un colpo anche gli statuti speciali, via soprattutto l’autonomia sancita dall’articolo 116 della Carta. Idee che si ritrovano anche nell’appello pubblico per un «nuovo regionalismo macroregionale » sottoscritto dai deputati dem Dario Ginefra, Enzo Amendola, Ernesto Carbone. A ben vedere, però, non tutti i progetti depositati dalla primavera del 2013 vanno nella stessa direzione. La ricetta di Edmondo Cirielli (FdI) prevede “matrimoni” tra Regioni, ma non esclude la possibilità di crearne di nuove. L’unico requisito è che abbiano «un minimo di un milione di abitanti». Giorgia Meloni, invece, in un’altra proposta sottoscritta con Cirielli chiede di cancellare del tutto le Province, istituendo alcune decine di Regioni nuove di zecca. Tra queste, la Padania orientale, Tanaro, Etruria, Salento, Valsesia, Ciociaria e Napoletano. In tutto, trentasei.
Repubblica – 23 dicembre 2014