Una volta varcata la porta della “dichiarazione integrativa” è difficile tornare indietro, anzi si è costretti ad andare sempre più avanti. Così il decreto che il Consiglio dei ministri di lunedì scorso ha dato per “approvato” ancora cambia. E in peggio: il condono, nelle versioni che si succedono, allarga sempre di più le maglie: aumenta il numero di imposte sanabili comprendendo anche l’Iva e si affacciano i capitali detenutiall’estero; sale il tetto dell’imponibile regolarizzabile che da 100 mila potrebbe raggiungere i 500 mila euro o anche di più; di conseguenza arrivano le depenalizzazioni e gli scudi comprendendo, oltre ai classici reati tributari (dall’omessa dichiarazione alla dichiarazione fraudolenta), anche reati assai delicati come il riciclaggio e l’autoriciclaggio.
La prima novità è l’ingresso dell’Iva tra i reati condonabili elencati dall’articolo 9. Si tratta di Irpef e relative addizionali, Irpeg, Irap, imposte sostitutive varie, imposta sul valore degli immobili e delle attività finanziarie all’estero oltre all’Iva e ai contributi Inps e Inail. Una ridda di anticipazioni che, come rilevato ieri da Repubblica, stanno bloccando i contribuenti e hanno già fatto perdere circa 3 miliardi di recupero di evasione. In parallelo, lo stesso fenomeno investe anche i contributi Inps, come confermato dal presidente dell’Istituto Boeri che ha parlato di «effetti devastanti» sulla riscossione.
Quanto all’inserimento dell’Iva è frutto dello stesso fenomeno di rincorsa. L’autonomo o il professionista che partecipa al condono si autodenuncia, si mette a riparo da ogni accertamento per l’Irpef o l’Irpeg, ma resta scoperto sull’Iva che sta a monte di quei redditi. Tuttavia l’Iva è una imposta che l’Europa impedisce di condonare e dunque si è trovato l’escamotage di inserirla con una imposta media del 20 per cento e, nel caso non fosse determinabile, con l’aliquota ordinaria del 22.
Così la toppa è sistemata.
Ma chi aderisce al condono se rischia un reato non ci pensa neppure ad autodenunciarsi.
Allora ecco che un comma dell’articolo 9 prevede una lunga serie di “esclusioni di punibilità” per chi presenta l’”integrativa”.
Tutti i reati fiscali naturalmente: dichiarazione fraudolenta, infedele, prodotta con artifici, omesso versamento e omesso versamento Iva. Ma il processo una volta avviato non si ferma e così spunta l’”esclusione di punibilità” (con eccezione di terrorismo e analoghi) anche per due importanti e gravi reati, 648-bis e 648-ter del codice penale, il riciclaggio e l’autoriciclaggio, che puniscono chi spende il denaro che proviene da un illecito se commesso da terzi o “in proprio”.
E tanto che ci si allarga, si eleva anche il tetto del condonabile raggiungendo le soglie del “tombale”. Come è noto la dichiarazione integrativa, che consente di mettersi in regola pagando il 20 per cento del nuovo imponibile emerso, è sottoposta a due paletti: non può emergere più del 30 per cento di imponibile rispetto a quanto già dichiarato e questo 30 per cento non può comunque essere superiore a 100 mila euro. Ma leggendo l’articolo 9 si scopre che il limite dei 100 mila euro vale “per singola imposta e per periodo di imposta”. Se questa sarà la versione definitiva l’effetto sarà quello di moltiplicare il tetto per ogni singola imposta evasa, in modo che si potrà salire a 200 mila e oltre, come pure il riferimento a ogni “periodo di imposta” renderà possibile condonare 5 anni con un tetto di 100 mila euro ciascuno, dunque un totale di 500 mila.
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