In che modo la più grande catena di fast food al mondo può spiegare ai clienti che ha smesso di usare conservanti sotto forma di coloranti, additivi o aromi provenienti da fonti artificiali? Se lo è chiesto Burger King, arrivando ad una risposta paradossalmente lapalissiana e controcorrente. L’azienda, in una campagna marketing che ha fatto il giro del mondo, ha deciso di produrre un video in timestamp con l’invecchiamento di un hamburger. Quei 34 giorni nel mondo reale diventano un paio di minuti in quello virtuale. Ma il prodotto che ammuffisce è la prova regina dell’autenticità. Perché l’iconico Whopper senza aggiunta di ingredienti artificiali mostra in modo evidente il processo di decomposizione del cibo. Il coraggioso messaggio gioca sul concetto di bellezza, che fa rima con purezza: la campagna descrive i 120 ingredienti banditi dai panini già nel 2020. Poi dal prodotto alle persone che lo mangiano il passo è breve. Così Burger King quattro mesi fa in Messico ha lanciato “Non artificial Mexico”. Oltre la patina, vengono rilanciate foto reali virate in bianco e nero con la classe media operaia come protagonista, accompagnate dallo slogan “il vero ha un sapore migliore”. Ovviamente in spagnolo. Ecco la ricetta contemporanea del marketing, in equilibrio tra trasparenza, autenticità, relazione e un utilizzo evoluto delle tecnologie. Si entra così nei laboratori e si declina il concetto di ricerca con prodotti in vitro, tema centrale e in divenire, tant’è che il Governo italiano è recentemente intervenuto vietando la vendita di cibi sintetici.
Tra scienza e coscienza
Così il naturale si integra con la scienza. È quanto emerge da uno dei sette macro-cluster culturali annuali elaborati da Backslash, unità di intelligence che si avvale di una rete di ricercatori provenienti da 70 uffici di TBWA. Una ricerca quasi etnografica: la squadra di Backslash è composta da più di 300 persone chiamate Spotter, ossia osservatori. Tutti i giorni questi osservatori provano a decodificare la realtà e a individuare le storie più interessanti. Quest’anno tra le tendenze si registra una forte attenzione all’ambiente, alle comunità, alla tecnologia per migliorare i consumi, abbattendo l’impatto ambientale. Dai dati si legge in filigrana la necessità per questi nuovi brand Archimede di trovare soluzioni che diminuiscano il consumo energetico, dell’acqua, dei suoli. Eco-innovazioni contro la scarsità. La ricerca è promossa da Tbwa – 11mila professionisti distribuiti in oltre 40 Paesi del mondo, agenzia nominata da Fast Company come la più innovativa dell’anno – e ci porta nel futuro. «Assistiamo ad una voglia di liberarci delle regole, dando nuovi significati alla realtà, all’età e alla bellezza. Notiamo un approccio fluido e indulgente al concetto di identità funzionale alla creazione di un mondo migliore», dice Luca Lilla, Head of Innovation di Tbwa in Italia. A caccia di visioni, in un mondo che però cambia repentinamente prospettive. Un’accelerazione disordinata che rende più difficile per i marchi tenere il passo su azioni e narrazioni coerenti. «Non solo le notizie sono frenetiche per natura, ma si susseguono a un ritmo vertiginoso grazie anche al ruolo dei social media. Diventa sempre più difficile decifrare ciò che vale la pena seguire. I 39 edge, che si leggono nei 7 macro-trend, ci devono servire da mappa per capire le direzioni in cui si sta muovendo la società. Permettono di codificare il caos e mappare un percorso per il futuro», precisa Lilla. Ecco allora la mappatura dei comportamenti dei consumatori, presentata in anteprima sul Sole 24 Ore e che definisce le varie implicazioni commerciali.
Attivismo a tavola
«In Italia si respira tanta innovazione che può essere fatta partendo da ispirazioni che hanno radici antiche. Quello che dobbiamo fare è lavorare sulla qualità in ambito agricolo, proponendo modelli di agricoltura rigenerativa oggi di grande interesse. La sfida è quella di proteggere la qualità dei nostri prodotti. Ma attenzione: tra i consumatori cresce la consapevolezza, anche se le opinioni sono ancora polarizzate, con analisi superficiali», afferma Sara Roversi, presidente di Future Food Institute, organismo nato dieci anni fa a Bologna e oggi attivo in Giappone e con un campus internazionale a Pollica dedicato allo sviluppo ecologico integrale e al sistema dell’agricoltura rigenerativa come modello di sviluppo. «D’altronde oggi tante aziende stanno investendo per rendere l’industria zootecnica più giusta e sostenibile. Parlando dei consumi del futuro ci si imbatte necessariamente nei temi legati alla sostenibilità e al contrasto al climate change. Ragionare di sostenibilità senza tirare in ballo l’impatto che generiamo sulla terra, la carenza idrica o il dissesto geologico è praticamente impossibile. Ecco perché accanto all’interesse della produzione del cibo da laboratorio del futuro lo studio del microbiota del suolo – ossia come andiamo ad agire sui nutrienti all’inizio della filiera – diventa essenziale», precisa Roversi.
La crisi perenne
Ma come accompagnare i consumatori verso questa nuova consapevolezza, in un tempo segnato da caro-prezzi e inflazione galoppante? «La sfida è ardua, ma raccoglierla è fondamentale. È normale che il perenne stato di crisi in cui abbiamo vissuto negli ultimi anni ci stia imponendo una riflessione sul modello di eccessivo consumismo che abbiamo adottato. Ma con Backslash vogliamo raccontare alle aziende come stanno cambiando e cambieranno i bisogni dei clienti a cui si rivolgono. I brand devono essere in contatto il più possibile con la cultura che li circonda per poter prendere le migliori decisioni di comunicazione e di business. I consumatori di oggi sono informati e in grado di capire quanto ci sia di concreto nelle iniziative che intraprendono e sostengono i brand, ma allo stesso tempo si aspettano di avere un ruolo attivo nella relazione che instaurano con le aziende», puntualizza Lilla. Ancora una volta per le organizzazioni il futuro passerà dalla capacità di creare relazioni empatiche e autentiche con pubblici più connessi e più consapevoli.