Un taglio secco del bonus da 80 euro introdotto nel 2014 da Renzi. Ma anche una potente sforbiciata alle agevolazioni per gli interventi di edilizia residenziale e un giro di vite agli sconti sulle spese sanitarie, magari introducendo una progressività che azzeri la detrazione oltre una certa soglia di reddito. Potrebbe essere aperto con mosse di questa portata il “vaso di Pandora” delle tax expenditures se, a guidare il nuovo Governo, ci sarà tra qualche settimana chi vuol varare la flat tax o, in alternativa, dare all’Italia il reddito di cittadinanza.
Reperire le coperture ampie e indispensabili per varare riforme in netta discontinuità con l’ultima legislatura potrebbe rivelarsi più semplice del previsto se, chi lo fa, è pronto a garantire che i nuovi benefici supereranno i costi. E così il riordino di tante misure di esenzione, esclusione, riduzione dell’imponibile o dell’imposta o, ancora, dei diversi regimi di favore che comunemente chiamiamo “spese fiscali” potrebbe tornare prepotentemente al centro dell’agenda. Tagli per reperire 15 o 20 miliardi, quanto basta per finanziare un primo modulo della tassa piatta, come detto, o l’avvio del nuovo sussidio universale.
Operazioni lontane anni luce dall’approccio più realista di chi, sulla base dell’ultimo monitoraggio sulle tax expenditures, aveva indicato un riordino possibile per garantire non più di 5-10 miliardi di maggiori entrate. La Commissione per le spese fiscali istituita al Mef con il compito di monitorare anno per anno l’evoluzione di queste componenti del nostro sistema tributario, nell’ultimo rapporto annuale presentato a fine ottobre, ha conteggiato 466 spese fiscali, cui corrispondono minori entrate per 54,2 miliardi nel 2018 che salgono a 54,9 nel 2019. In questo insieme sono comprese 22 voci con effetti fiscali trascurabili e 152 con costi fiscali neppure quantificabili. La metodologia analitica adottata dalla Commissione non comprende tra le tax expenditures diverse voci che erano invece considerate nelle precedente ricognizione, eseguita sotto la regìa di Vieri Ceriani, che arrivò a contare una sessantina di voci in più. E dall’elenco sono pure escluse oltre 170 tax expenditures che riguardano la fiscalità locale.
Questo mix di interventi, però, sarebbe stato in continuità con il Governo Renzi prima e Gentiloni poi. Ma il nuovo Esecutivo sarà diverso. E anche la sua politica fiscale potrebbe rivelarsi molto diversa se adottata con provvedimenti immediati e sostenuti da un’ampia e solida maggioranza parlamentare.
La giungla degli sconti fiscali, del resto, offre scelte infinite a chi volesse tagliare usando il machete della discontinuità e senza porre troppa attenzione alla progressività del prelievo fiscale.
Ecco alcuni esempi. Le detrazioni fiscali a sostegno degli interventi di ristrutturazione edilizia e di efficientamento energetico degli edifici, oggi unico vero volàno dell’edilizia, assorbono risorse complessivamente per oltre 7 miliardi di euro con una platea di circa 10 milioni di contribuenti, anche se – essendo i bonus a recupero decennale – il costo annuo per lo Stato comprende anche le rate degli investimenti effettuati dai contribuenti negli anni precedenti. Inoltre, il Movimento 5 Stelle da sempre ha messo nel mirino i 18 miliardi delle agevolazioni e delle sezioni di cui beneficia il settore dell’energia delle fonti fossili per reindirizzarli sulle rinnovabili. Toccare le spese sanitarie, invece, significa andare a coinvolgere oltre 17 milioni di contribuenti che oggi beneficiano di una detrazione pro capite di 178 euro. Di fronte a una nuova flat tax proposta dal Centrodestra potrebbe persino essere considerata di troppo la cedolare secca sugli affitti, che oggi erode gettito per poco più di 1,6 miliardi euro ed è usata da 1,8 milioni di soggetti Irpef che si assicurano un vantaggio fiscale pro capite di 874,9 euro.
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