Inizia il fermo pesca 2017, tradizionale blocco delle attività della flotta da pesca italiana. Si parte lungo la costa Adriatica, da Trieste ad Ancona, per concludersi il 31 ottobre nel tratto tirrenico da Livorno ad Imperia. E’ un provvedimento istituito dal governo che regola la pesca durante i periodi riproduttivi dei principali prodotti ittici, bloccando le attività per circa sei settimane in base ad un calendario che coinvolge via via tutte le coste del Paese. Lo ha stabilito il Ministero delle Politiche Agricole in una riunione con le Regioni, le Associazioni nazionali di categoria e le Organizzazioni sindacali di settore. Il fermo pesca si concentra principalmente sui determinati sistemi di pesca, reti a strascico, reti a divergenti e reti volanti, per garantire la salvaguardia della fauna marina. Una “garanzia” comunque imperfetta, tanto che dall’anno prossimo il sistema sarà riformato. Coldiretti Impresa pesca segnala che in questo periodo aumentano le probabilità di trovarsi nel piatto pesce scongelato o proveniente dall’estero. Per essere certi che sia italiano ma di una zona dove il fermo pesca non c’è ancora o non c’è già più, occorre controllare in etichetta la zona di provenienza, la Gsa: quelle “nostrane” sono le Gsa 9 (Mar Ligure e Tirreno), 10 (Tirreno centro meridionale), 11 (mari di Sardegna), 16 (coste meridionali della Sicilia), 17 (Adriatico settentrionale), 18 (Adriatico meridionale), 19 (Jonio occidentale), oltre che le attigue 7 (Golfo del Leon), 8 (Corsica) e 15 (Malta). Il calendario concordato prevede: nel tratto da Trieste ad Ancona dal 31/7 al 10/9; da San Benedetto del Tronto a Termoli dal 28/8 all’8/10; da Manfredonia a Bari dal 31/7 al 10/9 per le unità inferiori ai 12 metri; sempre da Manfredonia a Bari dal 31/7 al 29/8 con l’aggiunta di 10 giorni lavorativi di fermo anche non consecutivi entro il 31 ottobre; da Brindisi a Civitavecchia dall’11/9 al 10/10 e da Livorno ad Imperia dal 2 al 31/10. Il decreto ministeriale istitutivo prevede delle indennità per i mancati introiti dei pescatori, con l’attivazione della misura sociale straordinaria nel limite di 11 milioni di euro.
PESCA: REGIONE VENETO, “PESCHERECCI ITALIANI PENALIZZATI DAL FERMO UE, DA BRUXELLES DUE PESI E DUE MISURE TRA CROAZIA E ITALIA”
Dal 31 luglio è il vigore il decreto per il fermo pesca 2017, firmato dal sottosegretario al Ministero delle Politiche agricole, Giuseppe Castiglione, che prevede l’arresto temporaneo dell’attività in mare con il sistema a strascico. L’obbligo di interruzione temporanea dell’attività di pesca varrà per 42 giorni, sino 10 settembre per la flotta veneta al fine di favorire il ripopolamento del mare e garantire un migliore equilibrio tra le risorse biologiche e l’attività di pesca. Il fermo pesca vale per le marinerie italiane ma non per quelle croate, benchè la Croazia sia membro dell’Unione Europea dal 2013.
“Il fermo pesca attuato dalle nostre marinerie adriatiche, e non da quelle croate, è questione grave, che merita di essere trattata nelle dovute sedi con grande attenzione: è in gioco la tenuta delle nostre imprese di pesca e delle nostre filiere commerciali”, prende posizione l’assessore veneto alla pesca, sposando proteste e preoccupazioni delle Organizzazioni di rappresentanza del mondo della pesca. La flotta veneta conta 652 pescherecci distribuiti sulle marinerie venete (quelal di Chioggia è la prima d’Italia per numero di addetti e di imbarcazioni, ndr), con 5850 occupati e 3696 imprese comprese quelle della trasformazione, il tutto per un valore di produzione annua pari a 121 milioni di euro.
“Ha poco senso parlare di regionalizzazione e responsabilizzazione del ceto peschereccio nell’ambito di piani di gestione pluriennali se poi si accettano situazioni palesemente paradossali com’è il fermo pesca in Adriatico” prosegue l’assessore. “Le proteste delle nostre imprese sono più che giustificate: non è più procrastinabile una presa di posizione forte del nostro Ministero, che sul tema specifico dovrebbe dimostrare verso le istituzioni europee lo stesso piglio e lo stesso coraggio dimostrato nella vertenza pesce-spada”, prosegue ancora il rappresentante del governo regionale.
“La Regione Veneto e le Regioni del distretto Alto-Adriatico – ricorda l’assessore – hanno avviato da tempo con le marinerie croate alto-adriatiche un percorso di collaborazione in materia di pesca attraverso l’attivazione di progetti di collaborazione, che nel lungo periodo dovranno condurre a gestioni condivise delle risorse ittiche che coniughino sostenibilità socio-economica e recupero degli stock oggetto di prelievo. Abbiamo tutto l’interesse che il dialogo con la Croazia prosegua, certamente sulla base di una coerenza complessiva che non può non contemplare l’applicazione uniforme delle regole comunitarie. Qui il Governo deve assolutamente fare la sua parte, consapevole anche del fatto che il fermo pesca, nelle forme sperimentate, è probabilmente giunto al capolinea, e ciò a prescindere dai problemi di natura finanziaria”.
“Anche la ricerca scientifica deve fare la sua parte, così come è avvenuto positivamente per le vongole – conclude l’assessore veneto – Vorremmo capire, dai competenti tavoli tecnico-scientifici che supportano le scelte di politica comunitaria in materia di pesca, quale senso ed efficacia abbia realizzare il fermo pesca solo nei nostri compartimenti in Adriatico, a parità di criteri e modalità applicative. Ci attendiamo una risposta rapida dal Ministero: più che auspicabile, è assolutamente dovuta a chi trae dal mare ragioni di lavoro e di vita”.
1 agosto 2017