Nel 2022, presenti in Veneto 341 allevamenti, il 28,5% del totale nazionale; 6,2 milioni i capi macellati di origine veneta, il 41,8% dei quasi 15 milioni macellati in Italia, per un valore della produzione di oltre 100 milioni di euro. Ma il comparto è in una fase di recessione, a causa della diminuzione dei consumi, scesi del 30% negli ultimi dieci anni. Treviso la provincia più vocata.
La Regione Veneto è leader nazionale nella produzione cunicola: con 341 allevamenti, pari al 28,5% di quelli presenti in Italia (1.200 circa) e 2.550.000 capi in allevamento a dicembre 2022 (29% del totale), la nostra regione si posiziona al primo posto in Italia seguita, per quanto riguarda i capi allevati, da Piemonte (2,1 milioni di capi) e Lombardia (1,35 milioni di capi). La leadership diventa ancora più consistente in termini di capi macellati: nel 2022 oltre 6,2 milioni di capi, il 41,8% dei quasi 15 milioni macellati in Italia, provenivano dal Veneto, seguito a distanza dal Piemonte (2,77 milioni di capi, 18,6% del totale) e quasi appaiate da Friuli-Venezia Giulia (1,5 milioni di capi, +10%), Lombardia (1,44 milioni di capi) ed Emilia Romagna (142 milioni) .
Sono i principali dati che emergo dal report “Allevamento cunicolo in Veneto” realizzato dagli esperti dell’Osservatorio Economico Agroalimentare di Veneto Agricoltura e pubblicato nei giorni scorsi nel sito internet aziendale.
Il Veneto si caratterizza quindi per una presenza di rilievo in particolare nell’ambito dell’allevamento professionale, frutto di una lunga tradizione di produzione e consumo soprattutto a livello familiare e che ha avuto una spinta verso l’allevamento intensivo dagli inizi degli anni ’60 del secolo scorso. Uno sviluppo che si è ampliato nei decenni successivi, tra gli anni ’70-’80, ma che si è progressivamente attenuto all’inizio del nuovo millennio, in seguito ad una sempre più marcata riduzione dei consumi a causa del cambiamento degli stili di vita delle nuove generazioni, che ha penalizzato la preparazione culinaria domestica, e ad una sempre maggiore considerazione del coniglio più come animale da compagnia che come alimento.
Il comparto riveste comunque ancora una certa importanza in Veneto, seppure minoritaria rispetto ad altri ben più sviluppati della zootecnia da carne (bovino, avicolo, suinicolo). E la leadership regionale si inserisce in un contesto internazionale che vede la Cina come principale paese produttore, con oltre il 50% della produzione mondiale costituita da circa 860 mila tonnellate di carne, seguita dalla Corea del Nord (15%) e dall’Unione Europea (13% della produzione mondiale), in cui la quasi totalità della produzione viene realizzata principalmente in tre paesi membri: Spagna (43%), Francia (21%) e Italia (20%, dati Faostat).
Il Veneto può dunque essere considerato uno dei principali produttori mondiali di carne di coniglio e, al suo interno, in particolare la provincia di Treviso risulta essere quella più vocata in quanto da sola realizza quasi la metà della produzione regionale (46,6% della macellazioni venete nel 2022, per un totale di 2,9 milioni di capi), seguita a distanza da Padova (1,4 milioni di capi, il 22,9%) e Verona (1,2 milioni di capi, 18,8%).
Tuttavia, ad una leadership a livello di allevamento, non fa da contraltare un’altrettanta capacità produttiva industriale: infatti, se la maggior parte dei capi è di origine veneta, è l’Emilia Romagna la prima regione per numero di capi macellati (37% del totale), seguita dal Veneto, dove vengono macellati il 34,1% dei capi prodotti a livello nazionale.
Nel complesso, il valore economico generato dalla produzione cunicola in Veneto nel 2022 supera i 100 milioni di euro, in leggero aumento rispetto al 2021, per il miglioramento dei prezzi pagati all’origine per la carne di coniglio.
Tuttavia va evidenziato che il comparto è in fase di contrazione da anni, principalmente per una riduzione dei consumi, diminuiti di circa il 30% in Italia negli ultimi dieci anni, ma anche per l’incapacità di forme efficaci di organizzazione e di collaborazione strategica tra gli operatori della filiera e un mancato adeguamento dell’offerta alle nuove richieste dei consumatori, soprattutto sul piano del servizio a cui si è aggiunta anche una contrazione dell’offerta nel canale della ristorazione.
agricoltura.it – dati Veneto Agrucoltura