Nel 2023 si sono ritirate 765 mila persone: -12% in un anno. Funziona lo stop alle uscite anticipate Per le lavoratrici si aggrava anche il gap dell’assegno medio rispetto agli uomini: 950 euro a 1.366
La stretta su Opzione donna, introdotta nella prima manovra del governo Meloni e di fatto dimezzata, contribuisce a far crollare il numero di pensioni anticipate in Italia. Lo raccontano i dati annuali diffusi ieri da Inps. Si conferma l’alto divario di genere negli importi degli assegni: -30% per le donne, 950 euro contro 1.366 euro lordi al mese degli uomini. Frutto del lavoro precario, intermittente e mal pagato destinato alle donne e soprattutto alle madri.
Nel 2023 l’Istituto di previdenza conta 765 mila nuove pensioni, il 12% in meno dell’anno prima. Calano quasi tutte le categorie – pensioni anticipate, di vecchiaia, di invalidità, ai superstiti – tranne gli assegni sociali. Ma soprattutto crollano le pensioni anticipate: -16% in totale, tra le donne -28,5% e solo -7,4% tra gli uomini. Trentamila donne in meno sono andate in pensione anticipata l’anno scorso. Poco più di 11 mila in meno, gli uomini. Le strette funzionano.
Opzione donna, conferma Inps, si dimezza: solo 11.225 assegni, di cui la metà sotto i mille euro lordi al mese e un terzo tra mille e 1.500 euro. Erano 25 mila nel 2022 e circa una media di 20 mila negli anni precedenti. Anche Quota 103 non ha brillato nel 2023. Ieri Inps non ha fornito dettagli su questa misura fortemente voluta dalla Lega. Ma il dato delle anticipate maschili, in misura minore la discesa di quelle femminili, sembra confermare che il bacino delle Quote, di solito con una platea in gran parte maschile, si è oramai asciugato.
Senza pensare che quest’annoandrà peggio, visto che Quota 103 prevede il ricalcolo dell’assegno col metodo contributivo e quindi un taglio implicito, così come – da sempre – Opzione donna. Mentre Ape sociale e la stessa Opzione sono state ancor più penalizzate, aumentando rispettivamente la finestra di tre mesi e l’età di accesso a 61 anni per le donne, oltre le categorie molto ristrette di lavoratrici che possono accedervi, dalle licenziate alle caregiver.
«Meloni è una campionessa di austerità per le donne», dice la senatrice pd Annamaria Furlan, anche commentando il divario nell’importo della pensione che riflette quello dei redditi da lavoro. Divario che per le pensioni di vecchiaia, quelle a cui le donne accedono di più perché non hanno i contributi sufficienti per andare in anticipata, è tra 758 e 1.071 euro. «Governo scellerato sulle donne», infierisce la deputata e vicepresidente M5S Chiara Appendino.
Sul fronte del taglio alle pensioni pubbliche di 732.300 tra medici, infermieri, insegnanti, dipendenti degli enti locali e ufficiali giudiziari, da quest’anno al 2043, la Fp-Cgil sta raccogliendo adesioni per le azioni legali contro l’articolo 33 della seconda manovra Meloni che ha deciso quel taglio da 21 miliardi in vent’anni. Nel volantino diffuso in questi giorni tra i lavoratori pubblici c’è anche un Qr-Code da usare per manifestare interesse. Pure la Cisl Fp ha avviato una campagna simile, attrezzandosi per una serie di cause pilota «in numerosi fori d’Italia». L’obiettivo è quello di arrivare alla Consulta per la dichiarazione di incostituzionalitàdella norma.