La misura del default greco, l’impatto di quest’ultimo sul sistema europeo, il rating della Francia e le perplessità di Morgan Stanley. Ecco gli elementi che agitano il sonno dei leader europei. Chiamati, il prossimo 23 ottobre, a prendere quelle decisioni definitive che non possono più essere rimandate
Adesso, se non altro, c’è finalmente la data. Quella del giorno del giudizio, il punto di non ritorno da segnare in rosso sull’agenda di ogni leader europeo. Una settimana per discutere, trattare, convincere gli investitori di breve (le borse e i loro speculatori) e di lungo periodo (cinesi, probabilmente, ma chissà anche i fondi sovrani del Golfo). Poi, in definitiva, il tempo dell’attesa sarà esaurito. E dopo due anni di crisi dei debiti, il Vecchio Continente conoscerà i verdetti della politica e del mercato. L’appuntamento, insomma, è per domenica 23 ottobre, giorno del summit Ue e della decisiva resa dei conti. Conti in rosso, ovviamente, da ripianare a medio-lungo termine con un piano che sia davvero credibile. E che per questo, ovviamente, dovrà essere anche e necessariamente doloroso.
I patimenti maggiori, è ovvio, riguarderanno la Grecia e i suoi creditori. Il Paese, come noto, è fallito da tempo e tra sette giorni arriverà anche la conferma ufficiale. Sembra quasi un dettaglio formale, visto che i mercati lo hanno capito da tempo, ma in realtà non è così. Tra le priorità del prossimo vertice, infatti, c’è l’accordo definitivo sulla misura del default ellenico, ovvero, in altri termini, la decisione finale sul livello delle perdite da caricare sui creditori. Il default selettivo funziona così, prendere o lasciare. I titoli di Stato targati Atene dovranno essere svalutati perché a queste condizioni non è possibile liquidarli secondo il loro valore nominale. Resta solo da stabilire il valore delle perdite. Una proposta è stata avanzata ieri dal numero uno di Deutsche Bank Josef Ackermann secondo il quale il piano di ristrutturazione dovrebbe implicare un taglio del 21% sul valore attuale delle obbligazioni. Altri, riferisce oggi Bloomberg, parlano addirittura di una svalutazione controllata del 50%.
Il percorso, come detto, è obbligato, ma ciò non toglie che desti preoccupazione. Soprattutto in Francia. Parigi è oggi esposta sulla Grecia per 56,7 miliardi di euro, 14 dei quali sui soli titoli sovrani. In termini complessivi è il dato peggiore d’Europa. La Germania, infatti, porta in grembo ben 22 miliardi di bond ellenici ma può vantare due punti di forza: primo, è coinvolta con il sistema greco complessivamente per “soli” 33,9 miliardi (cioè oltre un terzo meno dei francesi); secondo, potrebbe trarre un immediato beneficio proprio dalla ristrutturazione. La svalutazione dei titoli, infatti, è un processo particolarmente complicato che qualsiasi debitore in default deve affidare a gestori esterni, tipicamente le grandi banche che, proprio per i servizi offerti, incassano ogni volta una commissione sull’operazione. Da tempo, si dice che la conduzione del default greco sarà affidata proprio alle banche tedesche con beneficio, a quel punto, di entrambe le parti. http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/05/04/sorpresa-adesso-le-banche-tedesche-tifano-per-il-default-greco/108750/
Eppure, nonostante tutto, la Germania non può dirsi tranquilla, visto che un contraccolpo patito dalla Francia si ribalterebbe di certo sull’intera Europa danneggiando il sistema continentale nel suo complesso e la moneta unica nello specifico. Il rischio, si dice a Berlino, è che le perdite sul fronte greco convincano le agenzie di rating a fare ciò che qualcuno si attende da tempo: declassare Parigi escludendo così la seconda economia dell’area dal club europeo della tripla A. Un’eventualità che nella peggiore delle ipotesi potrebbe anche scatenare un effetto contagio capace di travolgere anche Austria e Germania. In sintesi, un disastro totale che, secondo Ansgar Belke, direttore della divisione Macroeconomia del German Institute for Economic Research (DIW) interpellato oggi dal quotidiano Handelsblatt, potrebbe portare anche a una spaccatura all’interno dell’eurozona. Due giorni fa, Standard & Poor’s ha declassato il suo giudizio su BNP Paribas, la principale banca francese.
Sull’argomento si sono espressi in questi giorni anche gli analisti di Morgan Stanley. Il downgrade della Francia, spiega un rapporto ripreso oggi da Business Insider http://www.businessinsider.com/things-that-could-go-wrong-in-europe-2011-10, potrebbe essere determinato anche solo da un incremento del fondo salva Stati, cui Parigi contribuisce per un quinto del totale. Solo che un declassamento della Francia rischierebbe di danneggiare anche il rating AAA dello stesso fondo europeo imponendo a quest’ultimo un rafforzamento delle garanzie a discapito della capacità di effettuare i prestiti per i quali è stato pensato. Da notare, tra le altre cose, la crescita delle perplessità degli investitori cinesi e dei gestori dei grandi fondi sovrani oltre, ovviamente, ai persistenti problemi di capitalizzazione delle maggiori banche continentali. Tutti elementi, questi ultimi, che secondo Morgan Stanley potrebbero essere il preludio a nuovi ribassi sulle piazze finanziarie continentali. Tuttora condizionate dai rimbalzi sull’estate torrida delle mega vendite allo scoperto ma non per questo, è ovvio, già capaci di guadagnarsi la piena fiducia degli operatori.
Ilfattoquotidiano.it -17 ottobre 2011