La crisi economica presenta un conto salato al mercato del lavoro. Dal 2007 a oggi, più di 15 milioni di persone hanno perso la propria occupazione all’interno dei Paesi della zona Ocse portando il numero dei non occupati a 48 milioni, il secondo livello più alto dai tempi della seconda guerra mondiale.
A fare le spese di questa situazione, secondo l’ultimo rapporto dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, sono stati soprattutto i giovani dei Paesi più colpiti dalla crisi, Grecia e Spagna, in primis, dove uno su due risulta oggi ai margini del mercato del lavoro. A preoccupare maggiormente gli esperti, tuttavia, è il progressivo incremento del numero di disoccupati di lungo periodo (oltre 12 mesi senza lavoro). Problema che oggi in Europa riguarda il 44% dei disoccupati mentre in Usa la percentuale è addirittura triplicata in appena cinque anni passando dal 10 al 30% tra il 2007 e il 2012.
E nella Penisola? «L’Italia è stata colpita duramente dalla crisi che ha comportato un aumento nella disoccupazione dal 6,2% del 2007 all’8,5% del 2011», si legge nel rapporto dell’Ocse che contiene un dato allarmante sulla situazione occupazionale giovanile: oggi in Italia un ragazzo su due di età compresa tra i 15 e i 24 anni risulta precario contro il 46,7% del 2010 e il 44,4% del 2009. E questo, a fronte di un monte ore lavorate dagli italiani ben al di sopra della media Ue. Tra il popolo degli occupati, infatti, il numero di ore lavorate ogni anno nella Penisola si attesta a 1.774 contro le 1.625 del Regno Unito, le 1.475 della Francia o le 1.413 della Germania.
Un divario considerevole che non viene tuttavia considerato dal livello salariale. Se in Italia lo stipendio medio rilevato dall’Ocse nel 2011 si attesta attorno ai 30mila euro, in Germania si sale a 36.141, in Francia a 36.700 euro, senza arrivare agli eccessi della Svizzera dove la busta paga si aggira in media attorno ai 75mila euro l’anno. «Nel giugno 2012 il Parlamento italiano ha approvato una riforma del mercato del lavoro di ampia portata. Si tratta di un passo importante, alla luce degli squilibri che da lungo tempo caratterizzano il mercato del lavoro nel Paese: la bassa partecipazione delle donne, l’elevata disoccupazione, soprattutto tra i giovani, e la forte segmentazione dell’occupazione», hanno spiegato gli esperti dell’Ocse. «Qualora la riforma diventasse operativa in tempi rapidi, comporterebbe una riduzione importante della segmentazione del mercato del lavoro».
Secondo l’Istituzione parigina, la recente riforma del mercato del lavoro italiano dovrebbe anche comportare la riduzione dei costi sociali e occupazionali delle prossime recessioni. «La minore incidenza del lavoro temporaneo e delle altre forme contrattuali atipiche e precarie dovrebbe favorire la capacità del mercato del lavoro italiano di affrontare future recessioni, riducendone anche i costi sociali. Inoltre, la riforma estende la copertura dell’indennità di disoccupazione a una platea più ampia di lavoratori e ne aumenta moderatamente la generosità, riducendo i costi sociali legati all’aumento della disoccupazione».
Da molti anni l’Ocse sollecitava l’Italia a intervenire sugli ammortizzatori sociali. Secondo le sue stime, infatti, il livello medio del sussidio di disoccupazione pur restando contenuto, risulterà notevolmente aumentato dalla riforma, rispetto al livello molto basso al momento attuale in vigore. «Pur trattandosi di un ottimo primo passo, questa misura andrebbe integrata estendendo il principio di reciprocità secondo cui, a fronte dell’elargizione del sussidio di disoccupazione, i beneficiari si impegnano attivamente nella ricerca del nuovo impiego, eventualmente intraprendendo un corso di formazione. A fronte di sanzioni nel caso in cui venissero meno a questo impegno».
ItaliaOggi – 17 luglio 2012