L’agricoltura italiana è assetata di liquidità. Il settore che in questi ultimi 5 anni ha rappresentato il controbilanciamento dell’economia reale (crescita della produzione, del Pil e del lavoro) anche sul fronte del credito è riuscito a mantenere un livello alto, anche se quest’anno si avvertono segnali di rallentamento e soprattutto suona un campanello d’allarme sulle sofferenze.
Gli impieghi concessi alle imprese agricole (44 miliardi nel 2015 in crescita dello 0,5% sul 2014) rappresentano il 5% del totale degli affidamenti, raggiungono in 7% del totale nelle isole, mentre si fermano al 3,8% nel Nord Ovest. A fronte di 44 miliardi di stock di affidamenti di cui 40 utilizzati con un’incidenza tra fidi concessi e impiegati pari al 91 per cento, i volumi delle sofferenze hanno raggiunto quota 6 miliardi con oltre 18mila aziende in difficoltà, secondo l’ultimo bollettino statistico 2016 della Banca d’Italia. Solo nel 2012 le sofferenze erano pari a 3,9 miliardi e le imprese interessate 16.027.
Dunque il 14% del debito agrario ha il bollino rosso, un dato che non si registrava da 10 anni. L’agricoltura ha voglia di credito, in particolare nel Nord (dei 44 miliardi 12,5 sono erogati nel Nord Ovest e 14,6 nel Nord est, mentre 8,5 miliardi al centro, 5,2 al Sud e 3,2 nelle isole) ma nello stesso tempo ha difficoltà a tener fede agli impegni. L’ultimo scorcio del 2015 e i primi 7 mesi del 2016 sono stati segnati infatti da profonde crisi, si è partiti dal latte che ha messo in ginocchio il sistema allevatoriale per arrivare al grano. Ma a soffrire sono anche l’ortofrutta e i suini. Il governo è corso ai ripari con nuovi finanziamenti e anche un intervento forte con le banche per una moratoria dei debiti sia per i produttori di latte che per i suinicoltori. Ma si tratta di misure che ancora devono diventare operative e in particolare per quanto riguarda la moratoria per il settore suinicolo è attesa l’interpretazione dell’Abi. I finanziamento così sono stati spesso dirottati alla gestione ordinaria. Secondo il report Agrosserva (realizzato da Ismea e Unioncamere) nel 2015 il 52% delle aziende ha utilizzato i crediti per la gestione aziendale a fronte del 45% del 2014. In lieve crescita la pattuglia di imprese che ha investito in costruzione di fabbricati, macchine e attrezzature, mentre Agrosserva ha registrato zero interventi in innovazione.
Una svolta potrebbe arrivare grazie all’Unione europea. Anche le piccole e medie imprese agricole possono accedere al Piano Junker (ancora poco pubblicizzato nel nostro paese) che punta alla crescita economica e occupazionale in Europa attraverso l’utilizzo di un fondo di intervento strategico (Feis) che può attivare oltre 300 miliardi di investimenti (il 5% la quota destinata all’gricoltura, che sale al 10% per l’agroindustria). Insomma un mega piano. «Il Feis attraverso una interazione partecipativa della Bei e la partecipazione delle banche attive nella Ue – sottolinea Roberto Grassa, direttore generale di CrediAgri e responsabile credito e finanza della Coldiretti – attiverà all’interno degli stati membri politiche creditizie sostenute da circa 20 miliardi di fondi di garanzia destinati a investimenti strutturali in grado di affrontare e mitigare rischi anche medio alti». Un’occasione che il sistema agricolo e agroalimentare italiano deve cogliere per sostenere quel processo di innovazione che come hanno certificato i numeri di Agrosserva è ancora al palo nonostante sia considerato il vero volàno del rilancio competitivo delle filiere.
Trovare alternative di finanziamento a quello bancario attraverso forme di autofinanziamento potrebbe rappresentare una svolta. Bankitalia ha autorizzato i Confidi a fare da garanti alle imprese che si finanziano fornendo assistenza nella fase di emissione dei prestiti obbligazionari e nella loro collocazione sul mercato che diventerebbero appetibili grazie alle garanzie dei Confidi . Le società di capitali, che stanno avendo un forte sviluppo in agricoltura, possono emettere obbligazioni fino al valore del capitale sociale e i Confidi possono svolgere il ruolo di advisor.
Annamaria Capparelli – Il Sole 24 Ore – 21 agosto 2016