Le cifre danno la misura della recrudescenza e dell’impatto dei vaccini. I nuovi casi medi quotidiani su scala mondiale nell’ultima settimana hanno raggiunto i 658mila, in aumento ancora del 3% sui 14 giorni, e i decessi superano i diecimila, saliti del 2 per cento.
Una delle impennate maggiori da luglio a oggi è negli Stati Uniti: più di 151mila casi al giorno, un aumento medio del 28%, pari a 46 ogni centomila abitanti contro i 18 in Europa. I decessi superano i mille al giorno, in aumento dell’84 per cento. I ricoveri sfiorano l’80% dei picchi invernali.
E l’incidenza delle infezioni sui bambini desta particolare preoccupazione: nell’ultima settimana sono state ben 180mila, vicino ai picchi peggiori della pandemia. Ma come ripete Joe Biden, questa ora è «una pandemia dei non vaccinati»: il Cdc, il Centro per il controllo e la prevenzione del virus, ricorda che negli Usa il 99,99% delle persone vaccinate completamente non ha avuto casi finiti in ospedalizzazioni o morti.
Il paziente-zero per la nuova crisi è stato forse Israele che ha visto di recente salire le infezioni quotidiane a circa 10mila al giorno. Il successo della sua iniziale campagna di vaccinazione – è stato il primo Paese a inoculare del tutto la maggioranza della popolazione – si è scontrato con una combinazione di rapide riaperture, cali di protezione del vaccino dopo forse sei mesi e l’avvento della variante Delta. Adesso è tra i primissimi Paesi a offrire dosi booster del vaccino, riportando iniziali risultati efficaci.
Ma è la nuova crisi statunitense a essere diventata forse la più emblematica dei rischi tuttora presenti. Oltre 90mila pazienti sono ricoverati per Covid su scala nazionale, un numero secondo solo al picco dello scorso inverno.
Almeno cinque Stati americani hanno ormai esaurito i posti nei reparti di terapia intensiva.
«Se riusciamo a passare l’inverno e a vaccinare la grande maggioranza della popolazione non vaccinata, spero potremo avere un buon controllo della situazione entro la primavera del 2022», ha dichiarato l’epidemiologo Anthony Fauci, consigliere del presidente Joe Biden. Studi del Centro federale per le malattie mostrano tuttora un’epidemia anzitutto dei non vaccinati, quando si tratta di malattia acuta: la probabilità di ingresso in ospedale è di 29 volte superiore. Tra giugno e luglio i ricoveri dei non immunizzati sono già costati 2,3 miliardi al sistema sanitario Usa, drenando risorse anche per trattare altre patologie.
Washington conta adesso sull’approvazione definitiva e non più d’emergenza del vaccino realizzato da Pfizer-BioNTech per far decollare una campagna di vaccinazioni obbligatorie: il via libera delle autorità della Fda è stato accompagnato da annunci di istituzioni e aziende su obblighi di immunizzazione, dal Pentagono per i militari, alle scuole di New York e numerose università, dalla catena di farmacie Cvs al gruppo Ford e Goldman Sachs. La compagnia aerea Delta alzerà i contributi sanitari richiesti ai dipendenti non vaccinati.
Biden ha apertamente invitato la Corporate America a esercitare un ruolo di leadership nel richiedere il vaccino ai lavoratori. Perché in gioco ci sono anche le prospettive di business: Goldman ha tagliato al 5,5% dal 9% la crescita nel terzo trimestre, citando la variante Delta. E sono riapparsi, oltre al rinvio dei rientri in ufficio, cancellazioni e ridimensionamenti di fiere, eventi e conferenze. Lo stesso simposio internazionale della Federal Reserve a Jackson Hole nel fine settimana, dal quale sono attesi chiarimenti sull’outlook, avrà forma ibrida con partecipazione quasi solo domestica.
Il peggioramento dell’emergenza negli Stati Uniti – dove ieri tra l’altro la neogovernatrice dello Stato di New York, Kathy Hochul, ha ammesso che i morti per Covid sono stati 12mila in più rispetto a quanti ne aveva certificati il suo predecessore Andrew Cuomo – ha radici nei limiti di vaccinazioni e precauzioni.
Il 51,5% della popolazione – il 60% degli aventi diritto – è interamente vaccinato, circa 171 milioni di persone. La resistenza resta però forte in fasce sociali e Stati più conservatori, sensibili alla politicizzazione dello scontro sui vaccini, oltre che tra comunità disagiate e scettiche nei confronti del Governo, quali gli afroamericani: un sondaggio Kaiser ha rilevato che solo tre su dieci non vaccinati sono più propensi alla somministrazione del farmaco nonostante l’approvazione definitiva.
Sacche di no-vax restano anche tra gli anziani, più che in altri Paesi. Grandi Stati del Sud, spesso guidati da governatori repubblicani vicini al populismo dell’ex presidente Donald Trump e contrari a imporre misure anti-Covid, sono diventati autentici epicentri di infezioni e emergenze.
La Florida svetta con una media di 17mila pazienti ricoverati, il Texas segue con oltre 13mila. Il governatore texano, Greg Abbott, ha ingaggiato prolungate battaglie legali con distretti scolastici locali che hanno richiesto mascherine per gli studenti all’inizio dell’anno scolastico.
Londra si prepara all’ondata d’autunno
Il timore di un rimbalzo della pandemia dopo la riapertura di scuole e uffici
Aria di calma prima della tempesta in Inghilterra, dove il numero di contagi continua ad aumentare e gli scienziati avvertono che è meglio prepararsi per una nuova ondata della pandemia il mese prossimo, quando scuole, università e uffici riapriranno dopo la pausa estiva.
Il bollettino quotidiano di ieri registra 149 decessi e 35.847 nuovi casi di coronavirus, più dei 30mila del giorno precedente. Nell’ultima settimana oltre seimila persone sono state ricoverate in ospedale, un aumento del 9,4% sulla settimana precedente.
Il recente aumento nel numero di decessi, che hanno toccato i massimi da marzo, ha portato il totale di morti per coronavirus oltre quota 132mila, secondo i dati del Servizio sanitario nazionale (Nhs) che registra solo i decessi in ospedale, mentre secondo l’Ufficio nazionale di Statistica (Ons), che guarda i certificati di morte, le vittime della pandemia sono in totale 156mila.
Il programma di vaccinazioni di massa continua e quasi 48 milioni di persone, l’87,9% della popolazione, ha ricevuto una prima dose, mentre 42 milioni, il 77,4% della popolazione adulta, hanno ricevuto entrambe le dosi.
Cresce però l’allarme sull’efficacia dei vaccini nel tempo, dati gli studi che dimostrano che il livello di protezione cala dopo qualche mese. Per questo il Governo britannico ha già ordinato milioni di dosi aggiuntive e intende offrire un terzo richiamo per tutti gli adulti in settembre.
Tra gli esperti si discute invece se sia meglio puntare sul richiamo oppure vaccinare i ragazzi sopra i 12 anni. Per ora il vaccino è stato offerto solo alle persone dai 16 anni in su con qualche eccezione per individui tra i 12 e i 15 anni considerati vulnerabili.
Secondo il professor Ravindra Gupta del New and Emerging Respiratory Threats Advisory Group, la riapertura di locali, stadi, concerti e a breve le scuole «porterà inevitabilmente a un aumento ulteriore dei casi» e quindi sarebbe utile «vaccinare tutti quelli che hanno compiuto i 12 anni» per arginare la diffusione del virus.
I vaccini potrebbero non essere una panacea a causa del diffondersi della variante Delta, secondo un rapporto dell’Economist Intelligence Unit (Eiu). I leader politici dovrebbero ripensare la loro strategia passando da un clima di emergenza a una gestione sul lungo termine, secondo lo studio pubblicato ieri, perchè è ormai chiaro che l’immunità di gregge è un miraggio e che il Covid diventerà endemico.
Il rapporto calcola anche l’impatto finanziario della pandemia sui Paesi che sono in ritardo. Quelli che non riescono a vaccinare almeno il 60% della popolazione entro metà del prossimo anno registreranno un calo del Pil collettivo di 2.300 miliardi di dollari nel triennio 2022-2025, secondo i calcoli dell’Eiu.
I più colpiti saranno i Paesi in via di sviluppo, dato lo scarso successo di Covax, l’iniziativa di distribuzione dei vaccini dell’Organizzazione mondiale della Sanità. Secondo Agathe Demarais, autrice del rapporto e global forecasting director dell’Eiu, «il divario tra Paesi sull’accesso ai vaccini probabilmente non verrà mai colmato, dato che le donazioni dei Paesi ricchi coprono solo una frazione delle richieste dei Pvs».