In queste settimane sono stati pubblicati sul sito del Ministero della Salute diversi casi di richiamo di alimenti freschi, in particolare latte e formaggi non stagionati, ma anche carni, per rischio microbiologico, più precisamente per presenza di Escherichia coli produttori di Shiga Tossina (STEC). Il consumo di prodotti contaminati può dar luogo a casi di Sindrome emolitica uremica, malattia acuta rara che rappresenta la causa più importante di insufficienza renale acuta nell’età pediatrica. Ricordiamo, a questo proposito, la recente vicenda che ha interessato una bimba di due anni e mezzo finita in rianimazione per aver mangiato formaggio fresco in una malga del Trentino.
Negli ultimi anni le mutate abitudini del consumatore hanno mostrato una tendenza sempre maggiore alla ricerca di alimenti poco trasformati o, ancor meglio, non sottoposti a trattamenti termici (“minimally processed food”), in quanto ritenuti capaci di apportare maggiori benefici nutrizionali e salutistici. Questo fenomeno ha interessato anche il settore lattiero-caseario portandolo ad offrire prodotti sempre più freschi e al latte crudo o prodotti con metodi tradizionali. La stagione calda ha incoraggiato questa tendenza. Che il latte crudo e i prodotti a base di latte a crudo, ossia ottenuti senza essere sottoposti a un trattamento termico di pastorizzazione, siano un possibile pericolo di trasmissione di agente patogeni all’uomo è nota da molto tempo. Questi formaggi sono il risultato di processi produttivi che garantiscono la conservazione della flora microbica autoctona del latte non essendo sottoposti ad alcun trattamento termico di risanamento come avviene invece pastorizzando il latte.
I principali pericoli microbiologici da consumo di formaggi non trattati termicamente o cosiddetti “formaggi a latte crudo” sono dati da agenti come Salmonella sp, Campylobacter sp, E. coli produttori di shigatossine (STEC); Stafilococchi aureus tossigeni, Listeria monocytogenes, ma anche da agente un po’ dimenticati come Micobacterium bovis agente zoonotico della tubercolosi, Brucella mellitensis e B. abortus agente zoonotico della brucellosi.
L’Agenzia Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) ha pubblicato nel 2015 un parere scientifico sui rischi per la salute pubblica associati al latte crudo, illustrando in una tabella riassuntiva i principali pericoli potenzialmente presenti nel latte crudo senza alcun trattamento, che sono non solo microbici ma anche virali e parassitari.
I pericoli microbiologici presenti nel latte crudo possono essere eliminati mediante trattamento termico di pastorizzazione del latte. Il trattamento dopo pastorizzazione, come definito dal Regolamento CE 853/2004, si ottiene mediante il riscaldamento del latte crudo alla temperatura di 72°C per 15 secondi, o quella di 63°C per 30 minuti o ancora mediante il trattamento ad altra temperatura per un tempo appropriato a negativizzare la Fosfatasi Alcalina (ALP). La Fosfatasi Alcalina è una enzima presente naturalmente nel latte crudo che viene inattivata in condizioni di trattamento termico leggermente più drastiche di quelle richieste per la distruzione dei batteri patogeni, pertanto la sua negativizzazione assicura l’eliminazione delle principale forme vegetative dei batteri patogeni.
Relativamente ai pericoli microbiologici della materia prima latte, impiegato per la trasformazione in formaggi, i microorganismi come Salmonella sp., Escherichia coli produttore di tossina (STEC), Campylobacter sp thermolitic e Listeria monocytohenes sono essenzialmente germi patogeni ubiquitari che si trovano in diverse specie di animali e nel latte da loro prodotto. La presenza di Brucella abortus e Brucella melitensis e di Mycobacterium bovis nel latte crudo sono invece associate a casi oramai isolati e geograficamente ristretti ad alcune zone sia in Europa che in Italia, grazie al sistema di profilassi adottato negli allevamenti sia in Italia che in Europa, per combattere queste malattie.
Le misure di prevenzione, le buone pratiche e le attività di profilassi
In un approfondimento pubblicato sul sito Veterinaria e sicurezza alimentare Marche sono elencate le misure di prevenzione e riduzione del rischio della presenza di germi patogeni nella produzione di formaggio a latte crudo che non deve mai essere trascurato dalle aziende di trasformazione sia esse registrate che riconosciute. L’eliminazione di tale rischio è possibile soltanto mediante la pastorizzazione del latte prima del processo di trasformazione ma con tale trattamento si perdono gli aspetti sensoriali e caratteristici dei formaggi tradizionali.
I produttori di latte e formaggio devono adottare misure di prevenzione e/o tecniche di trasformazione, che riducano al minimo la probabilità di presenza di patogeni nei prodotti finiti, mediante l’utilizzo delle buone pratiche di produzione e attività di profilassi che possono essere sintetizzate nei seguenti punti:
- Controllo sanitario del gregge ed isolamento dei capi che presentono sintomi di diarrea, mastite o altre malattie con la mungitura separata di questi soggetti;
- Uso corretto degli antibiotici esclusivamente per la terapia di animali affetti da patologie, preferibilmente previo antibiogramma;
- Corrette pratiche delle misure di biosicurezza nell’introduzione di nuovi animali all’interno degli allevamenti;
- Corrette prassi di lotta contro animali infestanti nelle zone di stoccaggio dei mangimi e alimenti destinati all’alimentazione degli animali, nonché nei luoghi di ricovero dei medesimi anche nel confronto di animali indesiderati come piccioni ed altri volatili;
- Inizio dell’attività di campionamento del latte per la ricerca della conta batterica totale (CBT) per le produzioni stagionali entro il termine massimo di 15 giorni dell’inizio della produzione del latte in azienda;
- Scrupolosa igiene della mungitura con attenzione all’adeguata pulizia delle mani degli operatori e delle mammelle degli animali;
- Corretta pulizia e disinfezione delle attrezzature di mungitura e di stoccaggio del latte crudo;
- Raffreddamento immediato del latte crudo a temperatura inferiore a 6°C mediante utilizzo di sistema di abbattimento rapido della temperatura (cooling) o di doppio tank di stoccaggio, al fine di evitare il mescolamento del latte caldo con quello già raffreddato;
- Scrupoloso mantenimento della catena del freddo del latte crudo fino al momento della trasformazione con conservazione dello stesso alla temperatura al di sotto di 6 °C meglio ancora se tra 2-4 °C;
- Scrupoloso lavaggio e disinfezione dei locali e degli utensili impiegati per la trasformazione;
- Corretta igiene delle mani e adeguata gestione dell’abbigliamento da lavoro utilizzato del personale addetto alla trasformazione;
- Utilizzo di caglio e fermenti selezionati nei dosaggi indicati dall’aziende produttrice al fine di favorire lo sviluppo della flora lattica, che ha una funzione di competizione con gli agenti patogeni microbici maggiormente presente nel latte;
- Adozione di tecniche per valutare l’acidità del latte come misurazione del pH o la valutazione della acidità naturale mediante titolazione con determinazione dei gradi Soxhlet-Henkel (°SH) e della cagliata prima della rottura della stessa;
- Adozione di corretta pratiche di salatura delle forme per un tempo sufficiente e, nel caso di prodotti tradizionali marchigiani, nel rispetto delle modalità e tempo definiti con nelle schede tecniche dei prodotti definite in sede regionale;
- Adozione di adeguata stagionatura dei formaggi, al fine di ridurre l’acqua libera, aumentare la flora lattica e la concentrazione di sale, fattori che determinano la riduzione del numero e/o l’eliminazione dei microorganismi patogeni e nel caso di prodotti tradizionali nel rispetto delle modalità e tempo definiti nelle schede tecniche dei prodotti definite in sede regionale;
- Adeguata gestione delle concimazioni e della rotazione dei pascoli;
Infine, in caso di produzione di formaggi freschi a latte crudo, tipo “Primo sale” o con brevissima stagionatura, oltre a tutte le misure sopra riportate, si dovrebbero effettuare la ricerca dei patogeni, principalmente di Salmonella spp. mediante analisi periodica in autocontrollo (si consiglia un intervallo massimo di 15 giorni) del latte crudo o della cagliata dopo la fase di sgrondo pressatura e prima della salatura.
In caso di presenza di patogeni nel latte o nella cagliata, il formaggio prodotto dovrà essere portato a stagionatura per un tempo non inferiore a 60 giorni e l’eventuale formaggio prodotto già commercializzato dovrà essere ritirato e attivato il sistema di allerta. Il latte raccolto dallo stesso gregge successivamente alla positività evidenziata, dovrà essere sottoposto a pastorizzazione. Considerato inoltre, che l’eliminazione della salmonella è intermittente, si ritiene opportuno che la produzione di formaggio a latte crudo, possa riprendere solo dopo la negativizzazione ripetuta , con almeno da 3 a 5 controlli ad opportuni intervalli di tempo e dopo l’eliminazione della fonte di contagio (eventuale identificazione di animali portatori).
18 agosto 2023